Innanzitutto ringrazio i 333 che mi hanno votato il 23 maggio scorso per il terzo mandato come Rettore della nostra Università. Più ancora di questo risultato, è significativo rilevare che il 76% degli aventi diritto si è recato al voto per un totale di 466 votanti. È la partecipazione più alta mai registrata nella storia del nostro Ateneo. Ed è un segno dell’alto senso di responsabilità della nostra istituzione, che pone a suo fondamento il metodo della Scienza, ovvero il dibattito franco e critico in una pluralità di prospettive e paradigmi. A mio avviso, questo non è solo il fondamento, ma la chiave stessa del nostro successo. Molti altri, che, per statuto, ancora non ne hanno diritto, avrebbero voluto esprimersi in questa occasione. È urgente ragionare di nuovo su questo punto. Il terzo mandato si affronta con uno spirito diverso dai precedenti, perché è l’ultimo. Si percepisce l’emozione che di fronte a tanta transitorietà e relativismo alcune scelte sono, per il rettore, decisive, finali. Esiste tutta una gamma di formule e metafore per esprimere il senso dell’ultimo mandato. Operare per la storia? Rischiare di diventare da subito una lame duck? Un mio predecessore diceva: “Nel primo mandato si vede, nel secondo si prevede, nel terzo si provvede”. Oltre a provvedere, secondo me, si deve anche progettare a medio e, forse, a lungo termine. Una cosa è certa: chi diventa rettore si trasforma. Sarà perché è sempre l’ultimo responsabile anche di ciò a cui non concorre direttamente, nelle azioni come nelle omissioni. Sarà perché, tomisticamente, è aiutato da una “grazia dello stato”, nel percepire con chiarezza le ragioni di tutti. Di sicuro comprende, quella che il grande pensatore friulano Pre Toni Beline chiamava la “carità della conoscenza”, quel “I care” nei confronti di ogni membro della comunità e non solo accademica. Una delle più importanti sfide del prossimo triennio sarà quella dell’internazionalizzazione, declinata nelle tre missioni dell’Ateneo: a livello didattico vuol dire più titoli congiunti con atenei stranieri, più corsi in inglese come lingua veicolare; a livello di ricerca significa più progetti nel 7° Programma Quadro dell’Ue e nelle iniziative dell’Agenzia della Ricerca Europea; a livello di servizio al territorio si deve accompagnare tutto il tessuto delle Pmi nelle reti europee della ricerca. Sono convinto che questa sia la sola strada per vincere la sfida dell’innovazione. Voglio candidare l’Ateneo di Udine a fungere da catalizzatore, concentratore e acceleratore di progetti europei a beneficio di tutto il territorio.

Furio Honsell

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