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Come cambia la tutela dei beni culturali

Il patrimonio culturale italiano rischia di trasformarsi “in un deposito bancario, in un accessorio senza rilievo istituzionale e civile, pronto per esser speso e investito come i soldi sotto il materasso accumulati per la gioia dei nipoti spendaccioni da un vecchio zio un po’ all’antica ” . È il segnale d’allarme lanciato da Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale di Pisa, uno degli esperti intervenuti al convegno “I nuovi sentieri dei beni culturali in Italia: tra storia, economia e legislazione. Due giornate di studio per riflettere sull’attuale gestione del patrimonio culturale nel nostro paese”, organizzato dall’Associazione culturale Maiè all’Università di Udine il 27 e 28 maggio 2003, i cui atti sono stati ora raccolti e pubblicati. L’Associazione culturale Maiè, natanel 1999 all’interno dell’Università di Udine, promuove la cultura nelle sue più ampie accezioni nello sforzo di articolare un sapere inteso come strumento di rielaborazione e comprensione critica del mondo. I suoi campi di interesse spaziano dalla storia dell’arte a quella del cinema e della fotografia. All’Associazione aderiscono laureati, specializzandi, dottorandi di ricerca e appassionati di cinema, letteratura e teatro. Negli ultimi anni è avvenuto un mutamento sostanziale del modello di riferimento per la tutela dei beni culturali. Il principio che sembra prevalere è quello della ‘cartolarizzazione’, con la creazione di agenzie e società adibite alla compilazione di elenchi di beni culturali e ambientali pubblici di possibile alienazione.