Avventure e sventure giudiziarie del cinema italiano
Normalmente è il cinema a raccontare ciò che accade nei tribunali: l’arringa dell’avvocato, la severità del giudice, il pianto del condannato sono luoghi classici di molte pellicole. Non di rado accade però che le parti si invertano e che siano i giudici a doversi occupare di un film. A trascinare ‘il cinema alla sbarra’ è chi lamenta la violazione di un proprio diritto della personalità tutelato dalla Costituzione: il nome, l’immagine, l’onore, la riservatezza. Chi si difende impugna un’arma altrettanto potente: la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà dell’arte, prerogative anch’esse coperte da garanzia costituzionale. Luigi Gaudino, docente di Diritto privato comparato all’Università di Udine, ricostruisce alcune avventure e disavventure giudiziarie del cinema italiano del dopoguerra. Tesori del nostro passato riaffiorano dalle raccolte di giurisprudenza: Salvatore Giuliano, Mamma Roma, Il vigile, La grande guerra, Accattone, Il generale della Rovere, Il bidone, Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo, L’oro di Napoli, Febbre da cavallo. L’opera dei più grandi registi e dei più amati attori – Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Vittorio Gassman, Mario Monicelli, Luigi Zampa, Pier Paolo Pasolini – viene esaminata, con il caratteristico linguaggio giudiziario, In nome del popolo italiano.
LUIGI GAUDINO
CINEMA ALLA SBARRA
PAGG. 144
FORUM, UDINE
2007