Rassegna stampa | qui.uniud | Uniud
Copertina numero 27
27
NUMERO 27
mar - apr 2008
Copertina numero 26
26
NUMERO 26
gen-feb 2008
Copertina numero 25
25
NUMERO 25
nov - dic 2007
Copertina numero 24
24
NUMERO 24
sett - ott 2007
Copertina numero 23
23
NUMERO 23
mag - giu 2007
Copertina numero 22
22
NUMERO 22
mar - apr 2007
Copertina numero 21
21
NUMERO 21
gen - feb 2007
Copertina numero 20
20
NUMERO 20
nov - dic 2006
Copertina numero 19
19
NUMERO 19
lug - ott 2006
Copertina numero 18
18
NUMERO 18
mag-giu 2006
Archivio di tutte le riviste Archivio di tutte le riviste
Ricerca nell'archivio Cerca

ufficio.stampa@amm.uniud.it

Un campo di girasoli nel motore per fare ventimila chilometri di strada

Visto ad InnovAction. Ecco il biodiesel innovativo ideato dall’Azienda agraria. Prossimo passo: un Parco delle agro-energie
Olio ricavato da girasole
Metti un campo di girasoli nel motore, farai ventimila chilometri. Potrebbe suonare così lo slogan del biodiesel ideato dall’Azienda agraria universitaria Servadei, che, a Innovaction, ha presentato il sistema per produrre il carburante “pulito” attraverso una macchina spremitrice di semi oleaginosi. Un biocombustibile ecologico, risparmioso e, soprattutto, rinnovabile. Basti pensare che, come spiegano il direttore dell’Azienda Francesco Savonitto e i docenti dell’ateneo friulano Gian Paolo Vannozzi e Franco Rosa, «con un ettaro coltivato a girasoli di varietà “Carnia” (una delle due, altamente produttive in acido oleico, selezionate e registrate dall’Azienda ndr) si possono ottenere 1.500 litri di biodiesel». Il che, a farsi due conti da profani, in un’auto che percorre 15 chilometri con un litro, significa 22.500 chilometri. E ad un costo concorrenziale, che, in Azienda, parte da «45-55 centesimi di euro al litro». «La macchina che abbiamo presentato a Innovaction è il simbolo – spiega Francesco Savonitto, il direttore dell’Azienda fondata vent’anni fa – dell’estrema semplicità dei processi di trasformazione di queste risorse, progressivamente abbandonate dai mercati in passato per la grande disponibilità ed economicità del combustibile fossile». Ma oggi che petrolio&co iniziano a scemare, i bio-carburanti tornano d’attualità. «L’olio ricavato dalle due varietà di girasoli “Friuli” e Carnia” – spiega Savonitto – può essere immesso tal quale nei motori diesel di nuova generazione con costi competitivi. In Azienda anche altre colture, dal sorgo da fibra al miscanto alla canapa, vengono migliorate per renderle più idonee al mercato delle biomasse». Parco. Non solo girasoli, quindi. La Servadei mira a diventare «sede di diverse soluzioni applicative di energie rinnovabili», spiega il direttore. Un esempio? «Un’impresa toscana ci ha proposto di installare in Azienda un grosso motore diesel, alimentato da olio di girasole, per la produzione di energia elettrica. L’energia prodotta servirà non solo a soddisfare il crescente fabbisogno energetico dell’Azienda, ma potrà essere in parte ceduta sul mercato». E non è tutto. Perché Savonitto pensa ad un vero e proprio «Parco delle agroenergie» da realizzare all’Azienda, anche con il sostegno del Crita, grazie al contributo della Regione, cui è stato chiesto, nel 2007, un cofinanziamento di circa 300mila euro. «Stiamo pensando ad un parco dimostrativo delle innovazioni del settore. Oltre all’impianto diesel, il canale irriguo gestito dal Consorzio di bonifica che attraversa la proprietà aziendale di Sant’Osvaldo potrebbe generare ulteriore energia, utilizzabile anche dall’adiacente Azienda sanitaria. I residui di potatura, assieme alle risorse boschive e ai reflui di origine animale della sede di Pagnacco potrebbero giustificare la costruzione di un impianto per la produzione di energia termica ed elettrica. E, al servizio delle altre strutture, potrebbero essere costruiti impianti fotovoltaici». Orizzonti. Nato da un’idea presentata nel 2005 a Start Cup, il progetto Biosun sui biocarburanti, ha allargato i suoi orizzonti: «Oggi – spiega Vannozzi, docente di Coltivazioni erbacee – ci sono otto progetti Biosun coordinati dall’ateneo di Udine in Mozambico, in Brasile e in Uruguay. Gli studi di fattibilità sono pronti. L’idea è quella di portare energia elettrica nelle aree dove non c’è, alimentando i gruppi elettrogeni con biocarburanti». Il secondo filone del progetto (e il primo ad essere stato avviato) riguarda, invece, la Romania, dove l’Azienda intende creare delle «filiere integrate con l’Italia e, in particolare, con il Friuli». Come chiarisce Rosa, docente di Economia agraria, «in Romania si dovrebbe produrre l’olio da spremitura che in Italia sarebbe sottoposto alla fase di trasformazione per farlo diventare biodiesel. Abbiamo già avviato dei contatti con degli imprenditori friulani che possiedono terreni fra Arad e Timisoara». Centro-pilota. «Nel 2020 in America il 30% dell’energia utilizzata proverrà dalle biomasse. In Europa siamo solo al 20%, mentre in Italia non arriviamo ancora neppure al 3%», spiega Vannozzi. Perché si avveri il sogno dei carburanti “puliti” dovranno essere superati diversi ostacoli. Il primo riguarda la “contingentazione”, visto che in Italia oggi «si possono produrre solo 300mila tonnellate di biodiesel all’anno in esenzione da accise», un quantitativo assicurato da circa «7-8 imprese». Un altro nodo da sciogliere è la dicotomia food-no food, ovvero la destinazione dei terreni coltivati. Ma il tema più cruciale è quello dei finanziamenti. Che negli Usa ci sono («la British Petroleum quest’anno ha sostenuto con 500 milioni di dollari l’Università di Berkeley per una ricerca sui bio-carburanti») e qui latitano. L’obiettivo dei ricercatori friulani? «Creare all’Azienda un centro dei biocarburanti, il Biosun integrated bioenergy center, in collaborazione con altre istituzioni di ricerca. Sarebbe un prototipo sperimentale, il primo in Italia».
Camilla De Mori