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Mieloma multiplo, nuova cura dalle cellule staminali

La Clinica di ematologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria coinvolta nei sei anni di ricerca tra Udine e il Piemonte. Lo studio ha dimostrato la maggiore sopravvivenza dei malati. La terapia potrebbe rivelarsi definitiva ai fini della guarigione.
Una speranza di guarigione per i pazienti colpiti da mieloma multiplo esiste. È la buona notizia che giunge dai risultati di uno studio, pubblicato lo scorso 15 marzo sulla prestigiosa rivista internazionale The New England Journal of Medicine, condotto per sei anni da un gruppo di ricerca italiano di cui ha fatto parte la Clinica ematologica dell’università di Udine, diretta da Renato Fanin. L’équipe ha sperimentato un trattamento innovativo per questa forma di tumore del sangue che ha portato i pazienti con mieloma di nuova diagnosi, di età uguale o inferiore a 65 anni, ad una sopravvivenza più lunga rispetto a quelli trattati con la procedura oggi considerata convenzionale. Il nuovo trattamento potenzialmente curativo, e che potrà presumibilmente condurre ad una guarigione totale un terzo circa di pazienti altrimenti incurabili, si è rivelato essere il trapianto di cellule staminali da donatore sano. Si tratta del trapianto allogenico, cosiddetto nonmieloblativo o minitrapianto. «Esso – spiega Fanin – basandosi su basse dosi di radioterapia che non sono tossiche per l’organismo, permette l’attecchimento delle cellule staminali del donatore, a cui viene affidato il compito di eliminare le plasmacellule tumorali residue e di prevenire la ricaduta del mieloma». In sostanza, le cellule staminali sane prelevate dal donatore, una volta trapiantate, individuano e aggrediscono quelle colpite da tumore del ricevente e le sterminano. «Il minitrapianto – aggiunge Fanin - provoca tossicità e complicazioni cliniche che non sono superiori alla terapia convenzionale con doppio autotrapianto. Invece, consente di ridurre le ricadute e, quindi, prolungare la sopravvivenza dei pazienti, alcuni dei quali potrebbero anche dimostrarsi, nei prossimi anni, definitivamente guariti». Lo studio ha coinvolto 245 pazienti. In sei anni, dal 1998 al 2004, ha messo a confronto il trattamento tradizionale del trapianto autologo (in cui il donatore è lo stesso paziente) con il nuovo metodo del trapianto allogenico (di staminali da donatore esterno). La ricerca è stata coordinata da Benedetto Bruno, responsabile del Centro trapianti di midollo dell’università di Torino, ed è stata realizzata con la Clinica Ematologica dell’ateneo di Udine e le divisioni di Ematologia degli ospedali di Cuneo e Alessandria e con la collaborazione del centro di Oncoematologia dell’Ircc di Candiolo. In Friuli Venezia Giulia il mieloma multiplo ha un’incidenza di 7,2 nuovi casi su 100 mila abitanti all’anno, con circa 100 nuove diagnosi ogni anno. La frequenza del mieloma aumenta con l’età e raggiunge un picco nella sesta-settima decade di vita, con una leggera prevalenza nel sesso maschile. La malattia è una neoplasia ematologica caratterizzata dalla proliferazione di plasmacellule tumorali nel midollo osseo, che producono anticorpi anomali nel sangue e nelle urine e attivano il riassorbimento dell’osso. I pazienti che ne sono affetti, in genere adulti e anziani, soffrono di dolori ossei e possono presentare fratture spontanee, anemia e insufficienza renale. Negli anni 90 la loro aspettativa di vita era di circa tre anni. Negli ultimi 15 anni sono stati fatti molti passi avanti nel trattamento di questi pazienti, «sia con l’introduzione del trapianto autologo – afferma Fanin -, sia con la sperimentazione di farmaci diretti verso le plasmacellule tumorali, come la talidomide e il bortezomid, che hanno aumentato la sopravvivenza dei pazienti e il miglioramento della loro qualità di vita, ma non hanno cambiato il loro destino a causa della inevitabile ricaduta e progressione del mieloma».
Silvia Pusiol