UNA TENDA PER LA PACE
L’opera di Zanussi in Ateneo
L’installazione che l’artista Toni Zanussi ha allestito nell’atrio della sede delle facoltà scientifiche dell’Università di Udine rassicura l’osservatore per l’immediata riconoscibilità; ma, insieme, lo costringe ad un necessario esercizio di lettura per i salti percettivi cui lo s o t t o p o n e .
Si tratta di una tenda, quindi un oggetto che assomma in sé un duplice significato: in primo luogo quello di consuetudine domestica (la forma è quella della tenda dei pellerossa perseguitati dall’arrivo della civiltà); poi quello di archetipo dell’insediamento umano (la tenda delle tribù di pastori nomadi). ma la copertura, che è un bianco, lucido telone da camion, non ha niente di ricercato o di prezioso e non suggerisce nulla di arche-tipico.
La tenda di Zanussi non rimanda a ritroso nelle civiltà: nessuna patina del tempo, o ecologia dei materiali, la nobilita. La semplicità della costruzione sa di gioco d’infanzia, e il bianco esibisce la sua novità di fabbrica, la sua impermeabilità. Siamo di fronte ad un robusto appello di pace per il presente, che fa leva sui mezzi di un semplice artigianato.
Sulla tela si leggono scritte misteriose e si stagliano figure che rimandano a cosmo-gonie o a riti ancestrali. A n c h e , qui, però, l’archeologia è evita-ta: sono di interventi tracciati dauna mano recente che non teme di campire contro il bianco tinte luminose e pure, forme semplici e piatte, e addirittura ricorrere all’effetto Novecento dell’oro sul fondo nero.
Qualcosa ci avvisa che siamo al cospetto di un teatrino, dove si celebra un evento: il faretto che inquadra la tenda dal-l’alto la stacca dal flusso della vita circostante (i passi, i discorsi, la fretta, i rumori di un’area universitaria di transito). Inoltre i sassi che ne sottolineano il perime-tro, policromi o no, ci dicono che il dialogo che l’artista vuole ribadire è con la terra e le sue eterne, cicliche funzioni. La destinazione ha ribaltato il contesto in cui l’opera è stata creata (lo studio dell’artista, protetto dal verde di Ara di Tricesimo, si muta nel vuoto impietoso di una architettura funzionale) ma questo ribaltamento non ne depotenzia il significato ecologico, se mai lo moltiplica: terra e pace ricordano il loro reciproco lega-me alla generazione che in questi spazi vive e lavora. Nell’interno della tenda gira un silenzioso, piatto mondo multicolore, dai colori festosi come quelli di un pesce tropicale. Per dare “una forma espressiva a questi giorni drammatici” (così padre David Maria Tu r o l d o chiedeva all’artista in una lettera del 1979) To n i Zanussi ha scelto una via di ingegneria minore, e insieme di inquieta allegria cromatica.
Flavio Fergonzi