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Chirurgia generale, una risposta pronta a tutte le esigenze del cittadino

Dalle operazioni oncologiche ai trapianti d’organo, dalle appendici alle ernie. In meno di vent’anni la clinica del Policlinico universitario è diventata un punto di riferimento regionale. Per un migliaio di pazienti ogni anno.
Nato a Trento nel 1938, Fabrizio Bresadola si è laureato in Medicina a Parma nel 1963. Dal 1970 al 1980 ha insegnato all’università di Ferrara, dall’‘80 all’‘86 a Sassari. Dal 1986 è all’università di Udine, dove, dal 1992, dirige la scuola di specializzazione in chirurgia generale. Dal 1993 al 1999 è stato preside della facoltà di Medicina. Bresadola è responsabile del Programma trapianti di rene, pancreas e fegato della regione Friuli Venezia Giulia, e dal 1997 al 1999 è stato membro del Consiglio superiore di sanità presso il ministero della Sanità. Dal 1996 coordina un progetto multidisciplinare per la realizzazione e la sperimentazione di un nuovo modello di fegato bio-artificiale che utilizza epatociti di maiale, in collaborazione con il Cedars-Sinai medical center di Los Angeles. Dal 1999 partecipa al progetto per la creazione di una banca di epatociti umani in collaborazione con il Nord Italia Transplant e con il Centro nazionale trapianti. Nel 2002 ha presentato un progetto multicentrico di sperimentazione di un modello di fegato bioartificiale caricato con epatociti umani attualmente in fase di sperimentazione attiva. Dall’ottobre 2002 è presidente del Policlinico universitario. Professor Bresadola, la clinica di chirurgia generale nasce nel marzo 1989. Come si è inserita sin da allora nel polo sanitario udinese? “Da subito siamo stati autonomi come struttura. La parte assistenziale è sempre rimasta separata dall’ospedale. Ci servivamo e ci serviamo ancora dell’ospedale per alcuni servizi, come, ad esempio, il centro immuno-trasfusionale. Inizialmente eravamo nel padiglione Pensionanti, poi nel 1990-91 ci siamo spostati al Petracco, la prima struttura acquistata dall’università per la facoltà di Medicina. Qui abbiamo costruito tutto da zero, gli studi, le sale operatorie, la rianimazione, il reparto. In meno di vent’anni ritengo che abbiamo raggiunto risultati più che soddisfacenti”. Una delle attività che vi caratterizza è quella trapiantistica. “Abbiamo iniziato nel 1993 con i trapianti di rene, poi con il trapianto di rene e pancreas. Nel 1996 è partita l’attività di trapianto di fegato. Fu un po’ una battaglia, perché allora in Italia vi erano dei paletti per avere l’autorizzazione al trapianto di fegato. Una delle condizioni era, ad esempio, che il centro dovesse avere un bacino d’utenza che era maggiore rispetto a quello della nostra regione”. Come riusciste a ottenere l’autorizzazione ai trapianti di fegato? “Fondamentalmente per due motivi. Il primo, perché nel ’96 la regione era al primo posto per donazioni, pur non avendo un centro per trapianti di fegato. Il secondo, perché è una regione dove la patologia epatica, la cirrosi, è molto diffusa. Questi due fattori, uniti alle esperienze in chirurgia epatica e ai buoni curricola dei medici della clinica, ci hanno permesso di svolgere i trapianti di fegato”. L’attività trapiantistica non rappresenta tuttavia la parte più rilevante, numericamente, dell’attività della clinica chirurgica. “L’attività chirurgica generalmente si plasma sulla patologia maggiormente diffusa a livello regionale. Qui ci siamo orientati sulla patologia neoplastica, perché il Friuli Venezia Giulia è fra le prime per certi tipi di tumore, come quelli del fegato, del pancreas, dell’esofago e della mammella. Svolgiamo tutti gli interventi di chirurgia generale, ma la nostra attività è maggiormente orientata su queste patologie. Fondamentalmente, dunque, pratichiamo una chirurgia oncologica. Operiamo come minimo un tumore al giorno, e siamo un punto di riferimento regionale per la chirurgia epatica, dell’esofago e del pancreas”. Oltre alla chirurgia oncologica, vi occupate anche di tutte le patologie benigne di chirurgia generale. “Siamo un reparto che fa capo al servizio sanitario regionale, e dobbiamo quindi rispondere alle esigenze del cittadino. Contemporaneamente dobbiamo insegnare agli studenti, che è bene che inizino sugli interventi di base, come l’appendice o l’ernia. Dunque, una fetta di attività riguarda questa chirurgia, di risposta alle esigenze del cittadino e di didattica. In questo ambito, su alcune patologie, come ad esempio il reflusso gastroesofageo, le ernie eiatali o le pancreatici, abbiamo impostato anche un’attività di studio e ricerca clinica. Un altro settore che abbiamo sviluppato molto sia sotto l’aspetto assistenziale, sia da un punto di vista formativo e didattico è l’ambito proctologico”. La ricerca preclinica, di base, a cosa è dedicata? “Ci occupiamo di tutto il campo che riguarda la cellula epatica e il suo possibile utilizzo, in futuro, al posto del trapianto dell’organo intero. Dunque studiamo le cellule staminali epatiche, le applicazioni del fegato bioartificiale (ndr: macchina extracorporea che viene collegata al sangue del paziente e che svolge le funzioni metaboliche essenziali del fegato grazie all’impianto, su supporto artificiale, di cellule di fegato di maiale purificate o umane)”. Nel giugno scorso l’importante acquisizione dell’apparecchio Light intraoperative accelerator (Liac) che consente di eseguire, in alcuni tipi di tumore, la radioterapia già durante l’intervento chirurgico, la cosiddetta radioterapia intraoperatoria (Iort). Quali prospettive apre questa tecnica? “L’acquisto ci ha permesso di completare l’offerta che diamo al paziente. Ad esempio, in certi tumori della mammella, la donna operata fa la radioterapia nella stessa seduta, in modo da non doverne eseguire altra dopo. Questo procedimento lo stiamo già applicando in altri casi, nel tumore del retto, del pancreas e inizieremo anche in quelli dello stomaco. E’ un campo nuovo, una tecnica non diffusa. Un macchinario simile c’è ad Aviano, in Italia ce ne sono una decina. E’ chiaro che questo è possibile grazie alla collaborazione con la radioterapia e la fisica sanitaria dell’ospedale. E’ un campo che si apre, secondo me, anche alla ricerca”. Da direttore della clinica di chirurgia generale e da presidente del Policlinico, come giudica la creazione dell’azienda unica con l’ospedale? “L’azienda unica è una volontà fondamentalmente politica. Ma è anche una volontà realistica, nel senso che avere in una piccola città due aziende ad alta specialità, indipendenti, come lo sono adesso il Santa Maria e il Policlinico, non è efficace. Dal punto di vista assistenziale, almeno per il Policlinico, con i finanziamenti che riceviamo abbiamo già raggiunto il top, più di così non riusciremmo a svilupparci. Mettere insieme da un punto di vista giuridico e amministrativo due realtà che da un punto di vista professionale sono in parte già insieme, sarà sicuramente vantaggioso”.       Mille trapianti: superato il traguardo   Mille trapianti di organo “solido”: è il traguardo raggiunto nel 2005 dal Polo sanitario udinese grazie alla collaborazione tra il Policlinico universitario e l’Azienda ospedaliera S. Maria della Misericordia. L’attività dei centri trapianti del Policlinico e del S. Maria, guidati rispettivamente da Fabrizio Bresadola e Ugolino Livi e Giuseppe Mioni, è iniziata nel 1985 con il primo trapianto di cuore, terzo in Italia, e proseguita dal 1993 con i trapianti di rene e pancreas, e dal 1996 con i trapianti di fegato. «Si tratta – sottolinea Bresadola – di un esempio di come la collaborazione tra Policlinico e ospedale porti a ottimi risultati». Nel raggiungimento del prestigioso traguardo di mille trapianti «sono state fondamentali – aggiunge Bresadola – la società e la straordinaria cultura di donazione della nostra regione, assieme all’ottima organizzazione delle strutture sanitarie e alla fondamentale attività di volontariato delle diverse associazioni di donazione e trapianto». Complessivamente, il polo sanitario udinese ha eseguito fino ad oggi* 1019 trapianti di organo solido: 317 di cuore, fra cui uno combinato di cuore e rene, e 20 dopo precedente impianto di cuore artificiale; 416 di rene e pancreas, tra cui un trapianto da vivente, sei trapianti di doppio rene, quattro trapianti combinati di rene e pancreas, un trapianto isolato di pancreas; 286 di fegato, dei quali quattro sono stati i trapianti da vivente, e sei i combinati di fegato e rene. I trapianti “split-liver” (doppio trapianto da un unico donatore, tramite trapianto di una sola metà del fegato in ciascun ricevente) sono stati diciotto, mentre cinque sono stati i trapianti in pazienti HIV positivi (con la clinica di Malattie infettive del Policlinico), di cui due “split-liver”.
Silvia Pusiol