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Uso dei cellulari in Cina: prima ricerca

Docenti hight-tech per corsi di laurea tra i più innovativi al mondo. Parliamo del team di ricerca dei corsi pordenonesi dell’Università di Udine di Scienze e tecnologie multimediali e Linguaggi e tecnologie dei nuovi media. Grazie a questo binomio vincente, l’ateneo udinese si vede impegnato nella prima ricerca empirica sull’uso dei cellulari in Cina. Si tratta del primo progetto su queste tematiche che vede implicata una università italiana. A portarlo avanti, la docente Leopoldina Fortunati, relatrice di punta alla prima conferenza a Manila nel 2002 sull’uso del telefonino, in stretta sintonia con il professor Patrick Law del Politecnico di Hong Kong e il professor Shanhua Yan dell’Università di Pechino.
La Cina è il più grande mercato in assoluto di cellulari. Nel suo territorio si calcola ci siano 400 milioni di telefonini, mentre, ad esempio, in India ce ne sono solo 35 milioni. Se si pensa che il cellulare è considerato un indice di modernizzazione di un Paese, si capisce come il grado della sua diffusione la dica lunga sulla velocità dello sviluppo industriale e tecnologico in Cina. E come sia indispensabile per i cinesi capire il ruolo che il cellulare gioca nella costruzione della modernità. «Adesso c’è una grande corsa alla Cina da parte delle università europee e anche italiane – ha chiarito Fortunati – Noi invece in Cina ci siamo da tempo e abbiamo elaborato assieme questo importante progetto di ricerca che contiamo di iniziare a luglio, dopo averlo presentato, assieme al rettore Furio Honsell presso l'ambasciata italiana di Pechino alla comunità italo-cinese».
Tra le molte ricerche effettuate sulle tecnologie della comunicazione e dell'informazione con campioni rappresentativi, Fortunati nel 1996 ha condotto la prima e ultima ricerca, pubblicata presso la Franco Angeli (Telecomunicando in Europa, 1998) sull’ uso di computer, cellulare, telefono, televisione, radio, fax e segreteria telefonica a livello europeo e, precisamente in Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. La ricerca, sponsorizzata a suo tempo da Telecom Italia, ha rappresentato una grande esperienza di a livello sia cross-cultural che interdisciplinare, grazie all’équipe di sociologi, psicologi sociali, comunicazionisti ed economisti, provenienti oltre che dall’ateneo friulano, dall’Università di Lione (Gérard Claisse), dalla Frei Universitat di Berlino (Ulrich Lange), dall’Università del Surrey (Roger Silverstone e Leslie Haddon) e dalla cattedra Unesco presso l’Università di Barcellona (Josep Burcet). Una ricerca, questa assai complessa che ha previsto questionari nelle rispettive cinque lingue con interviste a 6607 europei.
Proprio mentre sta uscendo questo numero di Res, Fortunati si trova in Cina e poi si sposterà in Russia a San Pietroburgo e, infine, negli Stati Uniti, alla Rutgers University. Un giro del mondo per studiare l’impatto dei new media nella società. Tra le prossime tappe internazionali, l’appuntamento il 7 e 8 giugno a Hong Kong e in autunno il confronto tra i massimi esperti dell’ hight-tech si sposta a Pechino, mentre lo scorso febbraio ha partecipato ad un meeting a New Delhi dal titolo “Ripensare i paradigmi dello sviluppo nell’era digitale”, promosso dal Centro Governativo Indiano per il governo elettronico, dal Dipartimento dell’Information technology, dal Ministro della comunicazione e IT e dalTecnia Institute of Advanced Studies.
L’Università di Udine è in prima linea nelle reti europee di dibattito e di ricerca che la commissione europea finanzia (tramite il programma COST). «Assieme a Richard Ling, esponente di Telenor, la Telecom norvegese, e visiting professor all'università del Michigan, abbiamo fondato la Society for Social Sciences in Mobile Communication – ha precisato Fortunati – che ha al suo interno rappresentanti del fior fiore delle università a livello mondiale che lavorano su tali temi; l’ateneo friulano, inoltre, è stato anche chiamato a partecipare al progetto europeo Strategies of Inclusion: Gender and the Information Society” per analizzare tutte le strategie di inclusione delle donne nella società dell'informazione messe in atto dai governi dei vari paesi implicati, che erano, oltre a noi, il Regno Unito con la sua famosa università di Edinburgh, la Norvegia con l’Università di Trondheim, l’Olanda con l’Università tecnica di Twente e l’Irlanda con l’Università di Dublino».
Sara Carnelos