Taccuino d’appunti
Ben pochi in Polonia sapevano o ricordavano che Ryszard Kapuscinski - autore di fama mondiale, giornalista che ha elevato il reportage al rango di opera letteraria - era stato anche poeta. E quasi nessuno sapeva che nei suoi cassetti riposavano manoscritti di versi scritti a partire dagli anni ’80. La pubblicazione in italiano della sua pressoché completa opera poetica - la prima al mondo - è da considerarsi quindi un evento di grandissimo rilievo culturale. Il volume pubblicato da “Forum” si intitola Taccuino d’appunti. Titolo consono all’armamentario del giornalista, e tuttavia non riduttivo se collocato in testa a una raccolta lirica: per Kapuscinski il foglietto su cui annota è una sorta di tavolozza, prendere appunti è disegnare, vivere un’esperienza estetica, sentire di creare. La pagina ricca di annotazioni, cancellate, rifatte, assurge a disegno, dipinto, letteratura in fieri. Il viaggio poetico di Kapuscinski si svolge non più all’interno di realtà lontane, ma alla scoperta dell’animo umano. Sorretto dalla densità espressiva e dalla capacità di sintesi tipiche della sua prosa, il personaggio dei suoi versi è un io lirico che esprime il proprio disorientamento, l’angustia esistenziale, l’incapacità di definizione del mondo. Il bisogno di ricorrere alla forma breve del verso deriva anche da una necessità di strutturale adeguamento letterario alle trasformazioni globali: la rivoluzione mediatica spezzetta la realtà, contrabbanda informazioni che agiscono più sull’emozione che sulla riflessione. Nel deserto della vita reale, dove la lingua è strumento di manipolazione, vagano uomini superflui intenti alla sopravvivenza.