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Linci e orsi con il collare. Per studiare e conservare le specie

I ricercatori dell’università di Udine hanno catturato e munito di radiocollare due esemplari di predatori. Potranno studiare le loro abitudini . E’ la prima volta in Italia.
Il risveglio della lince dopo la narcosi
Si aggira tra le Prealpi carniche e le Alpi Giulie, in un territorio che abbraccia Italia e Slovenia, ed è la prima lince in Italia ad essere dotata di radiocollare. I ricercatori del dipartimento di Scienze animali dell’università di Udine, nel marzo scorso, hanno infatti catturato, ed è la prima volta in assoluto a livello nazionale, un raro esemplare di lince eurasiatica. Dopo un lungo lavoro di circa tre anni di monitoraggi, eseguiti in collaborazione con il Corpo forestale regionale e con i servizi di vigilanza provinciali, i ricercatori hanno messo a punto un sistema di trappole che hanno consentito la cattura dell’esemplare, un maschio adulto di 22 chili. L’animale, proveniente dalla Slovenia, è stato catturato grazie a una gabbia appositamente progettata. La lince è stata quindi narcotizzata, sia per eseguire misure biometriche e prelievi sanitari, che hanno appurato le ottime condizioni dell’esemplare, sia per la messa in opera del collare. Quest’ultimo «permette – spiega Stefano Filacorda, docente di zootecnia speciale alla facoltà di Medicina veterinaria e responsabile del progetto – la localizzazione dell’individuo attraverso un sistema satellitare e radio con il successivo invio delle informazioni attraverso un sistema di telefonia mobile al centro di ricerca dell’università di Udine». Grazie al collare, dunque, sarà possibile seguire passo passo i movimenti dell’animale e ricavare preziosissime informazioni sulla biologia e sull’ecologia di questa rara specie. «In questo modo – precisa Filacorda – sarà possibile disporre di informazioni utili per la corretta gestione di questi animali, di cui, nei prossimi due anni, si potrà studiare il comportamento». La cattura e marcatura della lice eurasiatica (Lynx lynx) è stata resa possibile grazie al progetto di cooperazione transnazionale Interreg III A Italia – Slovenia “Gestione sostenibile transfrontaliera delle risorse faunistiche”, coordinato dal Servizio tutela ambienti naturali e fauna della Regione. Il progetto, a cui partecipano anche l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e l’università di Lubljana, il ministero delle foreste della Slovenia e a cui ha collaborato la lega dei cacciatori sloveni, è finalizzato ad armonizzare la gestione delle specie di ungulati e grandi carnivori che vivono a cavallo del confine italo-sloveno. Lo stesso gruppo di ricercatori aveva in precedenza accertato la presenza della lince sul territorio regionale, fotografando grazie a speciali tecniche tre individui diversi appartenenti alla specie. «La lince – spiega Piero Susmel, docente di nutrizione e alimentazione animale alla facoltà di Medicina veterinaria dell’ateneo friulano e coordinatore del progetto – risulta essere molto rara sull’arco alpino. La specie, estremamente elusiva, si colloca al varice della piramide alimentare. Per questo motivo la sua presenza è indicatrice di un ambiente integro di particolare valore naturalistico ed ecologico e di una gestione della fauna selvatica corretta e sostenibile». «La nostra regione – ha commentato l’assessore regionale alle risorse forestali, Enzo Marsilio, in occasione della conferenza stampa di presentazione dei risultati del progetto – si conferma come un piccolo territorio ricchissimo di particolarità faunistiche, un vero e proprio patrimonio ambientale collettivo che cercheremo di continuare a preservare intatto e a far conoscere. Continueremo l’impegno – ha assicurato Marsilio – per il finanziamento alla ricerca e per la collaborazione a progetti di alta valenza scientifica». Il dipartimento di Scienze animali dell’università di Udine si sta specializzando, dunque, nella gestione dei grandi carnivori, come lince, orso e lupo. I ricercatori hanno elaborato tecniche molto avanzate di raccolta di dati e segni di presenza degli animali. «Questa specializzazione – ha detto Susmel – attira un flusso di studenti da altri atenei italiani ed esteri per svolgere, in particolare, tesi sulla lince e sull’orso e si contraddistingue per la ricaduta pratica degli studi», che consentono agli studiosi di operare direttamente sul terreno. Susmel ha anche annunciato l’avvio, per il prossimo anno accademico, di un master per la gestione faunistica, cofinanziato da Regione e Università di Udine, che si svilupperà per le attività sul campo al Centro servizi per le foreste e le attività della montagna (Cesfam) di Paluzza e nelle proprietà faunistiche regionali.       L’orso bruno Bepi   Età: 4 anni. Peso: 140 chili. Nome: Bepi. Specie: orso bruno. Segni particolari: indossa, ed è il primo nelle Alpi Nord- Orientali, un collare trasmettitore. I ricercatori del dipartimento di Scienze animali dell’ateneo di Udine, fautori della prima cattura in Italia di un esemplare di lince, sono riusciti, nelle Valli del Natisone, ad attirare, narcotizzare e dotare di collare anche un giovane maschio di orso bruno (Ursus arctos). L’operazione fa parte del progetto di collaborazione transnazionale Interreg III A – Slovenia “Gestione sostenibile transfrontaliera delle risorse faunistiche”, coordinato dal Servizio regionale tutela ambienti naturali e fauna della Direzione centrale delle risorse agricole, naturali, forestali e montagna. Obiettivi principali dell’iniziativa, finanziata dalla Regione, il monitoraggio e lo studio delle specie capriolo, cinghiale, cervo, camoscio, tra gli ungulati, e delle specie lince, orso bruno, lupo, tra i grandi carnivori. Bepi, così è stato soprannominato l’animale, è stato catturato nelle Valli del Natisone, lungo il confine sloveno, in ottime condizioni corporee, come emerso dalle misurazioni biometriche e prelievi sanitari. Il sito della cattura è stato scelto dopo oltre tre anni di monitoraggi e vari sopralluoghi in collaborazione con esperti sloveni. L’orso è stato catturato in un punto di foraggiamento appositamente attrezzato. Da un luogo sopraelevato è stato colpito con il narcotico sopra la coscia. Bepi, allora, è fuggito per 400 metri prima di addormentarsi e consentire la valutazione del suo stato di salute e la messa in opera del collare. Ora, grazie ai segnali emessi dal collare stesso, Bepi sarà costantemente seguito dai ricercatori, che potranno così ottenere preziose informazioni su biologia ed ecologia di questa specie che permetteranno di impostare programmi di gestione e conservazione della specie.  
Silvia Pusiol