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Clinica di Anestesia, molto di più che togliere il dolore

Non c’è settore della medicina che di fronte a una patologia grave non si rivolga al medico rianimatore. L’anestesista gestisce tutti gli organi e le relative funzioni coinvolti durante e dopo l’intervento. Il direttore spiega le competenze della clinica del Policlinico universitario.
Laureato e specializzato in anestesia, rianimazione e terapia intensiva a “La Sapienza” di Roma, dove inizia la sua carriera come ricercatore, Giorgio Della Rocca è a Udine dal 2002. Nello stesso anno diventa direttore della scuola di specializzazione in Anestesia e rianimazione e della clinica di Anestesia e rianimazione. La struttura, che da quattro anni organizza il congresso nazionale in Anestesia e terapia intensiva (Stat), è un centro afferente alla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) ed è fortemente impegnata sul fronte della formazione, non soltanto accademica, con corsi di Basic life support e Advanced life support. Sul fronte della ricerca è all’avanguardia in Italia per studi condotti nel settore disciplinare dell’anestesiologia e rianimazione. Professor Della Rocca, quando nasce l’anestesia? “Esiste la data convenzionalmente fissata il 16 ottobre 1846 dell’“Ether day”. Di fatto, l’anestesia si sviluppa nel primo dopoguerra, dagli anni Cinquanta in poi, in tutto il mondo. La disciplina vera e propria, quindi, è molto giovane”. Quali sono i campi di applicazione dell’anestesia? “Principalmente quello anestesiologico intraoperatorio e della rianimazione, ossia la terapia intensiva, che si occupa di tutte le patologie giunte a un livello di gravità estremo, non più gestibile in reparto ordinario, ma di cure intensive avanzate”. L’anestesia, dunque, interviene in tutti i settori della medicina? “Interveniamo dalla chirurgia alla cardiologia, dalla medicina interna alle malattie reumatiche e infettive, dalla ginecologia all’ostetricia, dove la nostra presenza è obbligatoria in tutti i punti nascita. Non c’è branca che di fronte a una patologia grave non si rivolga al medico rianimatore, in grado di prendersi cura di qualunque patologia, trasferendola in terapia intensiva”. Avete attivato un servizio di terapia antalgica 24 ore su 24. “Sì. Esso completa il progetto di Ospedale senza dolore, suddiviso in tre momenti: la gestione del dolore post opertaorio; la partoanalgesia, attivata dal 2003 24 ore su 24; l’ambulatorio di terapia antalgica, che si occupa della gestione del dolore di pazienti con diverse patologie che fanno capo a tutti i campi della medicina. L’ambulatorio opera in stretta collaborazione con la struttura analoga del Servizio di anestesia e rianimazione dell’Azienda ospedaliera S. Maria della Misericordia”. Nel campo della ricerca, di cosa vi occupate? “Studiamo una molecola in grado di riattivare il muscolo curarizzato in tempi immediati. Siamo all’avanguardia nella messa a punto di sistemi di monitoraggio emodinamico e per il sostegno della funzione cardiaca. Studiamo come far fronte alla compromissione delle funzioni renali, che in terapia intensiva nel paziente critico è molto rischiosa, sia attraverso farmaci, sia con supporti extracorporei che svolgono le funzioni depurative del rene, non ad intermittenza come in dialisi. Senza dimenticare l’alta competenza che abbiamo, e che è necessaria e fondamentale, per lo svolgimento dell’attività di trapiantologia: mille trapianti a Udine presuppongono mille anestesie in pazienti privi della funzione renale, epatica o cardiaca”. È corretto dire che l’obiettivo ultimo dell’anestesia è quello di togliere il dolore? “L’eliminazione del dolore riguarda la fase intraoperatoria, postoperatoria e la gestione del dolore cronico. Ma l’anestesista svolge un ruolo centrale anche nel moderno concetto di medicina perioperatoria, ovvero di controllo del paziente nell’intera fase perioperatoria”. Ovvero? “L’anestesista gestisce tutti gli organi e relative funzioni coinvolti durante e dopo l’intervento. Ad esempio, l’anestesia porta alla perdita di coscienza, per cui il paziente è privo della capacità di respirare. L’anestesista controlla questa funzione, monitorando l’attività dell’encefalo e il livello di ipnosi, e garantisce la ventilazione tramite ventilatori meccanici. Ancora, l’influenza dei farmaci anestetici sul sistema nervoso centrale va a interferire con altri organi, come il cuore, il rene, il fegato che in fase operatoria sono gestiti dagli anestesisti, che controllano anche gli aspetti trasfusionali (sangue, plasma, emoderivati) e i delicatissimi aspetti coagulativi”. Questo implica avere conoscenze a 360 gradi in medicina. “L’anestesista deve avere competenza e conoscenza di tutte le funzioni d’organo. Mi piace definire gli anestesisti come bravi medici con completezza di cultura e tempestività e intensità delle cure, perché siamo chiamati in situazioni in cui o intervieni subito e bene, o rischi di perdere il paziente”. Che differenza c’è tra l’anestesia generale e quella locale? “La generale implica perdita di coscienza del paziente, con conseguente necessità di gestione dell’aspetto ventilatorio e cardiorespiratorio. Nella loco-regionale ci sono tecniche di blocchi centrali e periferici che isolano singole parti del corpo. È un’anestesia molto utilizzata in chirurgia ortopedica e nei cesarei”. Quali sono i criteri di scelta del tipo di anestesia? “Prima di sottoporre ad anestesia un paziente critico, si svolgono esami diretti di valutazione. Più grave è il paziente, più si opta per la loco-regionale o la sua integrazione con l’anestesia generale “leggera”, perché l’anestesia generale può implicare una serie di complicanze. La loco-regionale, inoltre, consente una più precoce mobilizzazione postoperatoria, e può essere prolungata anche dopo l’intervento, controllando il dolore nel postoperatorio”. Quali sono i rischi dell’anestesia? “Oggi i farmaci sono estremamente sicuri e hanno dinamiche talmente prevedibili che riusciamo a controllarne perfettamente l’azione, anche grazie alla tecnologia, con sistemi di infusione di estrema precisione. I rischi, quindi, sono eventualmente legati a due fattori: l’errore umano e, nell’anestesia generale, il controllo delle vie aeree attraverso intubazione, una manovra di una certa difficoltà tecnica, ancora oggi purtroppo uno dei motivi di mortalità iatrogena in anestesia”. Esistono criticità nel vostro settore? “Sostanzialmente due. La carenza di personale, perché gli anestesisti sono pochi e in tutta Italia non c’è un numero sufficiente di questi professionisti. E la deleteria inadeguatezza delle risorse economiche. Un problema per tutti, ancor di più per le discipline in grande evoluzione come la nostra, in cui la tecnologia e l’impiego di farmaci, che sono tra le spese maggiori della sanità, sono fondamentali per lo sviluppo della disciplina”. Come giudica la creazione dell’Azienda unica? “Significa unire tante professionalità e settori in questo momento complementari. Se ci riusciamo, possiamo creare un grande dipartimento di Anestesia e rianimazione, unendo la nostra clinica alle unità operative del S. Maria e dell’Elisoccorso, includendo se possibile anche l’emergenza e la medicina di pronto soccorso. Questo sistema rappresenta una valenza unica in ambito didattico, assistenziale e di ricerca che Udine non può permettersi di trascurare”.     Funzioni muscolari sotto controllo. Con una nuova molecola   La sua messa in commercio è prevista per il 2007. Il suo utilizzo consentirà un controllo in tempi immediati del rilassamento o riattivazione delle funzioni muscolari, eliminando così, ad esempio, i rischi in fase di intubazione e permettendo un rapido recupero post operatorio. È la nuova molecola “chelante dei curari” studiata dalla clinica di Anestesia, rianimazione e terapia intensiva del Policlinico universitario di Udine, insieme a Parma e ad altri 10 centri europei e statunitensi. «Attualmente – spiega il direttore della clinica, Giorgio Della Rocca – bisogna aspettare che il miorilassante sia metabolizzato, e solo successivamente si può somministrare un antagonista, anch’esso con tempi non immediati, per far sì che il curaro lasci il muscolo e lo stesso ridiventi attivo». La nuova molecola, che ingabbia il miorilassante, può attaccarsi e staccarsi direttamente su e dal muscolo, bloccandolo e sbloccandolo, quindi, in tempi immediati. Questo nuovo chelante sarà, ad esempio, di estrema utilità nel caso di complicazioni per difficile controllo delle vie aeree, nel momento della delicata e complessa fase dell’intubazione. «Grazie alla nuova molecola – sintetizza Della Rocca – sarà possibile sbloccare in tempi brevissimi il curaro dal muscolo, facendo riprendere autonomia respiratoria al paziente ed evitando, così, rischi anche estremi». Importanti anche i vantaggi in fase post operatoria. «Quando termina l’anestesia – afferma Della Rocca – la coda di effetto dei farmaci può inficiare le prime ore post operatorie. Il nuovo sistema, invece, inibisce immediatamente gli effetti del miorilassante, ridando al muscolo tutta la sua forza, con un conseguente recupero molto più rapido». La ricerca è nella fase finale, ha già passato la parte applicativa sugli animali e la fase sperimentale sull’uomo. «Ora – conclude Della Rocca – l’obiettivo è l’applicazione su larga scala e la verifica dell’efficacia e assenza di effetti collaterali».
Silvia Pusiol