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Ansia e depressione: ne soffrono 20 su 100. Intervista al direttore di Psichiatria

I disturbi della personalità e i comportamenti alimentari alterati sono in aumento, ma si possono curare. Non soltanto con i farmaci. Alla clinica del Policlinico universitario spiegano come.
Specializzata nello studio e nel trattamento dei disturbi affettivi e dei comportamenti alimentari, nella valutazione degli interventi di psicoterapia e nella realizzazione di studi epidemiologici relativi alla distribuzione dei disturbi psichiatrici, la clinica Psichiatrica del Policlinico universitario di Udine da nove anni è diretta dal quarantottenne padovano Matteo Balestrieri. Specializzato in psichiatria all’università di Verona, Balestrieri è arrivato all’ateneo friulano nel 1996, dove dal 1998 è direttore della scuola di specializzazione in Psichiatria, dal 2002 coordinatore del corso di laurea di Educazione professionale, dal 2004 presidente del corso di laurea di Educazione professionale. Balestrieri ha svolto attività clinica, didattica e di ricerca nelle università di Catania e Verona, all’Institute of Psychiatry di Londra, e ha assunto ruoli di direzione, coordinamento e consulenza in progetti di ricerca in psichiatria sostenuti da enti pubblici (Istituto superiore di sanità e Cnr) e da network scientifici. Professor Balestrieri, quali sono gli aspetti di cui si occupa la psichiatria? “La psichiatria si occupa di tutto ciò che ha a che fare con la mente e i comportamenti umani. Il nostro pensare, il nostro vivere nel mondo è frutto di tanti apporti che derivano da aspetti biologici, psicologici e sociali, in quanto l’individuo fa parte di una società, un mondo, una famiglia. Si può dire che la psichiatria ha il compito di prendere in considerazione e valutare questi tre aspetti e dare di conseguenza delle risposte alla persona che soffre, attraverso un intervento mirato all’aspetto biologico della patologia, tramite la terapia farmacologia, all’aspetto psicologico, attraverso la psicoterapia, e all’aspetto sociale, attraverso l’intervento sul territorio”. Di cosa si occupa la clinica? “Del trattamento dei disturbi d’ansia, della depressione, dei disturbi di personalità e dei comportamenti alimentari alterati. Benché attuiamo normalmente trattamenti farmacologici e ci occupiamo quindi della valutazione della loro efficacia, siamo anche particolarmente interessati agli interventi di psicoterapia in tutti i tipi di patologie. Da un punto di vista conoscitivo, la terapia farmacologia è più facilmente valutabile, mentre è più difficile la valutazione della efficacia delle psicoterapie. Portiamo avanti questo tipo di ricerca da un po’ di anni, tra i pochissimi centri in Italia. Abbiamo inoltre condotto molti studi epidemiologici, in collaborazione con la medicina generale regionale sulla distribuzione dei disturbi psichiatrici. L’ultimo studio di cui ci siamo occupati ha analizzato il consumo delle benzodiazepine, farmaci utilizzati per dormire, negli anziani della nostra regione. Un’altra competenza che stiamo sviluppando è quella della indagini di risonanza magnetica in psichiatria, utilizzando le macchine più recenti”. In ambito psichiatrico quali sono le patologie più diffuse? “La depressione e l’ansia. Negli ultimi anni sono aumentati notevolmente i disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia, disturbo dell’alimentazione controllata, obesità con risvolti psichici. Depressione e ansia sono da sempre le patologie più diffuse. Ne soffre, con bisogno di essere trattato, almeno il 20% della popolazione, una percentuale elevatissima. Più rari, invece, i casi di schizofrenia”. Anoressia e bulimia da cosa sono causate? “Nessuno è anoressico o bulimico in una società in cui il cibo non c’è. Il bulimico e l’anoressico scelgono consciamente o inconsciamente se astenersi o meno da una cosa che c’è in abbondanza. Si tratta di un modo di esprimere le proprie sofferenze o di soffocarle, mangiando tanto, e poi vomitando o meno, oppure astenendosi dal cibo. In genere l’anoressica fa la grande abbuffata e poi vomita. La bulimica mangia e non vomita, o lo fa ogni tanto. L’anoressica ha l’obiettivo di mantenere un peso idealizzato e arrivare all’escavazione corporea, la bulimica no”. Come si manifestano depressione e ansia? “L’ansia si manifesta con gli attacchi di panico, le fobie, come l’agorafobia, il disturbo ossessivo compulsivo. Per quanto riguarda la depressione dell’umore, bisogna distinguerla dal disturbo bipolare, ossia una forma di depressione che passa alla mania, con periodi alternati di depressione ed esaltazione. Questa seconda forma è un po’ in aumento rispetto ad un tempo. La depressione è diffusa in tutte le età, dall’età giovanile agli anziani. La mezza età è più colpita dal disturbo bipolare. Depressione e ansia sono 2-3 volte di più diffuse tra le donne”. Quali le cause di depressione e ansia? “La depressione può avere causa biologica, perché si tratta di una malattia come può essere il diabete, per cui c’è una predisposizione. Oppure le depressioni si sviluppano da eventi traumatici, come un lutto. Una depressione di lungo termine può essere sviluppata quando capitano una serie di eventi importanti. I disturbi post traumatici da stress si verificano dopo eventi forti come guerre, terremoti, tsunami”. Cosa fa scattare la recuperabilità o meno del paziente? “La motivazione. La terapia farmacologia funziona fondamentalmente anche senza il contributo del paziente. Nella psicoterapia le cose sono molto diverse: il problema è arrivare a stabilire una collaborazione, un’alleanza terapeutica col paziente. Se si arriva a condividere un obiettivo, allora le possibilità di cambiamento sono forti. Se invece questo non si arriva ad ottenere, c’è poco da fare. Il medico non può fare da solo quello che il paziente non ha forza e voglia di fare”. E’ sempre riconoscibile la persona depressa? E quali sono i segnali? “La depressione può sfuggire agli stessi medici. Tra i segnali per capire che qualche cosa non va c’è sicuramente la perdita di interesse per le cose che si facevano prima, il pensiero cupo e pessimistico, la perdita di appetito, l’insonnia, e una serie di dolori come cefalea, disturbi intestinali, cattiva digestione. Il paziente non sempre è consapevole di essere depresso. I medici da parte loro tendono a somministrare farmaci mirati sui singoli sintomi, ad esempio l’insonnia, mentre bisognerebbe capire cosa c’è a monte”.     Guarire la bulimia con la terapia di gruppo La clinica Psichiatrica del Policlinico universitario è specializzata nell’intervento con approcci di tipo psicoterapeutico sui disturbi del comportamento alimentare, e nella valutazione dell’efficacia degli interventi stessi. «La nostra peculiarità – spiega il direttore della clinica, Matteo Balestrieri - è quella di applicare la terapia di gruppo nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare e questo sta dando buoni risultati». La ricerca è condotta su gruppi di pazienti bulimiche o con disturbi di alimentazione incontrollata, ossia donne che presentano spesso un soprappeso in relazione all’eccessivo introito alimentare. Lo studio è condotto in collaborazione con il servizio ospedaliero di Nutrizione clinica coordinato dal dottor Taboga. «I pazienti – spiega Balestrieri - arrivano in genere per loro scelta all’uno o all’altro servizio, dove vengono presi in carico in modo collaborativo sia per gli aspetti di competenza psichiatrica che nutrizionali». I pazienti con disturbi del comportamento alimentare che giungono alla clinica Psichiatrica, escluse le anoressiche che vengono trattate singolarmente, vengono trattati in gruppo, suddivisi secondo la tipologia del disturbo. Due sono gli interventi psicoterapeutici attuabili, psicoeducativo e supportivo esplorativo. «Il primo – spiega Balestrieri - è un approccio volto per lo più a educare, mirato a dire che cosa non fare, a tenere conto di tematiche di tipo psicologico di aiuto. L’intervento supportivo espressivo ha a che fare con interventi mirati a supportare e aiutare le pazienti ad esprimere la propria soggettività, la propria esperienza e quindi aiutare a rimodellarla». Nell’ambito della ricerca, la clinica svolge anche la valutazione di quale di questi due approcci funziona meglio a seconda del tipo di paziente, e della durata degli effetti nel tempo.