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Prevenire gli incidenti sul lavoro? C’è bisogno di Sprint

Nasce un centro all’università di Udine per gestire i rischi e le emergenze di origine naturale e tecnologica insieme a Regione, Vigili del fuoco, Protezione civile, Arpa e 118.
Nasce un centro all’università di Udine per gestire i rischi e le emergenze di origine naturale e tecnologica insieme a Regione, Vigili del fuoco, Protezione civile, Arpa e 118.   Un autorevole punto di riferimento tecnico-scientifico super partes capace di fornire elementi conoscitivi e di supporto al pianificatore, al decisore, al controllore, all’imprenditore e al cittadino in tema di sicurezza delle persone e tutela dell’ambiente naturale, di vita e di lavoro. Obiettivo: contribuire alla prevenzione e alla gestione dei rischi e delle emergenze derivanti da gravi incidenti. Si chiama Sprint ed è il progetto messo a punto dall’Università di Udine per l’istituzione di un Centro di riferimento per lo studio e la ricerca in materia di sicurezza e protezione dai rischi di incidente rilevante di origine naturale e tecnologica. Il progetto prevede il coinvolgimento, oltre che dell’ateneo friulano, della Regione Friuli-Venezia Giulia, della direzione regionale dei Vigili del fuoco, della direzione regionale della Protezione ciivile, dell’Arpa e del 118. Il centro assumerà la forma giuridica del consorzio e avrà sede presso il Servizio prevenzione e protezione dell’ateneo friulano. Lo scenario. «Il Triveneto – spiega Giuliano Dolcetti, delegato del rettore alla Ricerca scientifica e tecnologica – è caratterizzato da una forte e capillare presenza di attività produttive e infrastrutture viarie in prossimità di zone ad elevata densità di popolazione e di elementi naturali sottoposti a salvaguardia. Il Nordest è pesantemente interessato dal transito di sostanze pericolose provenienti o destinate ai mercati dei Paesi dell’Europa centro-orientale. La sismicità dell’area costituisce un fattore di rischio aggiuntivo che deve essere tenuto in debito conto. La collocazione di confine pone anche il problema della gestione coordinata di incidenti con impatto transfrontaliero». Per questo motivo la seconda fase del progetto prevede un allargamento a enti e istituzioni trivenete e dei Paesi dell’Est. Il quadro operativo. «Poiché la legislazione che tratta la tematica nel suo complesso – chiarisce Stefano Grimaz, responsabile del Servizio di prevenzione e protezione dell’ateneo – ha avuto sino ad oggi carattere settoriale, lasciando ai politici e agli enti locali il compito di operare con la necessaria sintesi d’insieme, si fa sempre più urgente l’esigenza di mettere in campo competenze professionali altamente qualificate, in grado di supportare e coadiuvare politici, istituzioni e settore produttivo». Nondimeno, la costituzione del Centro di riferimento risulta in linea con le più recenti politiche e programmi di azione dell’Unione europea. Gli scopi del Centro. Sono quelli di costituire un riferimento qualificato per istituzioni, enti locali e cittadini; studiare tipologie, cause e dinamiche degli incidenti, possibili conseguenze e modalità di pronto intervento; definire procedure di prevenzione e reazione comune e coordinata; promuovere il confronto tra istituzioni e soggetti interessati al tema degli incidenti rilevanti; contribuire alla formazione di professionalità altamente qualificate per la prevenzione e la gestione degli incidenti; favorire la costituzione di team multidisciplinari di esperti per rispondere alle diverse esigenze manifestate da associazioni di categoria, enti pubblici e privati, autorità giudiziarie. I risultati attesi. Sono quelli di accrescere la cultura e la capacità di gestione in materia di sicurezza e tutela ambientale; fornire riferimenti conoscitivi qualificati e super partes per la popolazione, un supporto tecnico scientifico per l’elaborazione di normative e lo studio di metodologie di pianificazione preventiva e di emergenza, ma anche consulenze strategiche per la pianificazione preventiva e/o il ripristino di condizioni di sicurezza e qualità ambientale in seguito ad eventi di particolare criticità; promuovere di occasioni di confronto e di interscambio culturale e tecnico-scientifico con Austria , Slovenia e i paesi dell’Europa dell’Est; e infine insediare un laboratorio di primo miglio dotato di strumentazione e attrezzature avanzate con capacità di sostentamento e di sviluppo attraverso l’autofinanziamento. I tempi di attuazione. Sono previste due fasi della durata complessiva di 36 mesi. La prima, di 12 mesi, servirà ad insediare le strutture e avviare l’attività. La seconda, di 24 mesi, prevede la fornitura dei servizi di consulenza e formazione, l’implementazione del laboratorio con l’organizzazione delle attività finalizzate al successivo autofinanziamento della struttura.