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Medicina interna, una clinica per tante specialità - Intervista al direttore Sechi

Dalle allergie alle patologie del fegato, dal diabete all’alcool, fino all’ipertensione arteriosa e alla prevenzione cardiovascolare. Sono i principali settori in cui è attiva la clinica del Policlinico universitario a cui ogni anno si rivolgono centinaia di malati
Laureato all’Università di Sassari, Leonardo Sechi, quarantacinquenne, sardo, è all’ateneo di Udine dal 1992. Dal 2001 direttore della clinica Medica e della Scuola di Specializzazione in Medicina interna, Sechi è al timone di una clinica nata 14 anni fa, e oggi punto di riferimento in diversi ambiti clinici della Medicina interna. Una struttura in cui l’attività clinica si sposa perfettamente con le esigenze della didattica e della ricerca, finalità prioritarie dell’università, proiettandosi in diversi ambiti specialistici. Caratteristica, questa, “che va difesa con decisione - dice Sechi – anche in vista della futura integrazione con l’ospedale”. P rofessor Sechi, qual è la peculiarità della Clinica di Medicina Interna ? “È una clinica universitaria, quindi tutti gli ambiti clinici sono finalizzati alla didattica e alla ricerca. I reparti di Medicina interna degli ospedali accolgono prevalentemente pazienti provenienti dalle aree di emergenza e del pronto soccorso. Da noi convergono anche casistiche particolari, per lo più patologie complesse o di difficile definizione diagnostica e gestione terapeutica. Con la visione globale dell’internista, i nostri medici lavorano in ambiti specialistici, tutti finalizzati alla ricerca: il settore dell’ipertensione arteriosa e della prevenzione cardiovascolare, l’allergologia, le patolo-gie del fegato sul versante virale, alcologico e trapiantistico, l’endocrinologia, il diabete. È una clinica ricca di specialità mediche”. E l’attività clinica tradizionale? “Sul piano clinico, e lo dico con orgoglio, penso sia un ottimo reparto. La gente che viene da noi è sicura di avere una buona assistenza. Molti pazienti ci scrivono soddisfatti. Tutto ciò è merito della gestione illuminata di chi mi ha preceduto, che ha impostato un modello di lavoro che si è rivelato positivo, e delle capacità di quanti hanno creato qui delle attività nuove”. Siete molto specializzati nell’ambito dell’ipertensione e dell’allergologia . “Sono attività per noi numericamente molto rilevanti. Abbiamo circa 350 ricoveri all’anno nell’ambito dell’attività cardiovascolare e circa 170 per l’allergologia. In più c’è la consistente attività ambulatoriale quotidiana. I pazienti arrivano da tutto il territorio. Per questo vorremmo un riconoscimento ufficiale da parte della Regione di questi due nostri settori”. Che tipo di riconoscimento chiedete? “Vorremmo un riconoscimento ufficiale che rientrasse in un piano regionale, che consentisse di riconoscere la nostra funzione dal punto di vista strategico, come già al nostro interno è stato fatto per l’assistenza ai trapiantati di fegato. Nell’ambito dell’ipertensione e delle malattie allergiche siamo diventati un punto di riferimento in ambito territoriale, e molti pazienti provengono da fuori azienda. È giusto mantenere queste peculiarità e dargli visibilità nell’ambito territoriale friulano. Questa non vuole essere una politica volta a creare il vuoto attorno, ma ad ottenere un riconoscimento di attività già ampiamente consolidate”. Quali sono le attività di reparto? “Le più impegnative sul piano numerico sono quelle di ambito cardiovascolare, con specificità indirizzate all’ipertensione arteriosa e alla prevenzione cardiovascolare, l’allergologia e l’epatologia. In questi settori si svolge gran parte della nostra attività di reparto. Oltre a ciò, abbiamo un ambulatorio endocrinologico e uno diabetologico, la cui recente attività è indirizzata alle problematiche del piede diabetico. C’è, infine, l’attività gastro-enterologica, con una sala endoscopica dedicata presso il padiglione Scrosoppi. In una Clinica Medica unica abbiamo, insomma, molte specialità basate su competenze diffe-renziate”. Cosa offre la clinica dal punto di vista della didattica, a studenti e specializzandi? “Sicuramente offre un contatto ottimale con la medicina e rinforza l’importanza della visione globale dei problemi di un paziente: la medicina non si deve occupare di malattie, ma di malati e dei loro problemi che quasi mai sono limitati ad un unico apparato”. Quanti pazienti seguite all’anno? “I trapiantati di fegato sono circa 150, tutti seguiti presso il nostro ambulatorio, in genere sia prima che dopo il trapianto e, insieme agli altri pazienti epatopatici, sono i più impegnativi dal punto di vista assistenziale. Abbiamo poi seguito, nel corso degli anni, alcune migliaia di allergopatici e fra i 3 e i 4 mila ipertesi” Quali le criticità della clinica? “Gli unici problemi sono legati alla funzione accademica del reparto, che, con 30 posti letto, accoglie per le esercitazioni non solo gli studenti del sesto anno, ma anche quelli del terzo, per metodologia clinica, e quelli del quarto, per una parte della pneumologia, della cardiologia, della gastroenterologia e dell’endocrinologia. Ci sono giorni in cui abbiamo in corsia una cinquantina di studenti. Ed è un problema dal punto di vista dell’impegno didattico”. La dipartimentalizzazione con l’ospedale potrebbe essere una soluzione? “Solo se ben programmata, e con la giusta distribuzione dei compiti. La dipartimentalizzazione deve consentirci di lavorare con le stesse modalità di oggi, di svolgere la nostra funzione di insegnanti, e di fare ricerca, che è la nostra prima prerogativa. L’ospedale ha prevalentemente funzione assistenziale. Omologandoci ad esso, verrebbero meno la ricerca e la didattica, ossia le ragioni stesse per cui esistiamo”. Quali, secondo lei, i rischi dell’integrazione con l’ospedale? “Il mio timore è quello di ricadere nello scenario classico della divisione di Medicina interna, ossia di un reparto in condizioni di operatività molto difficoltosa, per personale e per la naturale funzione di supporto al pronto soccorso, che ricovera le casistiche più disparate. Noi perderemmo la nostra caratteristica connotazione, ossia quella di avere servizi specialistici dedicati”. L’obiettivo, quindi, è quello di mantenere le vostre peculiarità accademiche. “Se ce le toglieranno, nella nostra clinica non ci sarà più spazio per diagnosi e terapie di un certo livello, e ci sarebbe il serio pericolo di diventare un’altra divisione medica al sevizio del pronto soccorso. La nostra peculiarità è stata costruita con difficoltà e sacrificio, e la vorremmo mantenere nell’interesse dei nostri pazienti. Un’alternativa potrebbe essere quella di entrare in un dipartimento di reparti specialistici”. Gli auspici per il futuro? “Nel corso degli anni abbiamo realizzato circa il 40% della produzione scientifica di tutta la facoltà di Medicina. Veniamo quindi da una tradizione importante che vorremmo mantenere, in modo che tutti i gruppi abbiano una produzione continua e di eccellenza. Vogliamo poi consolidare ulteriormente la qualità assistenziale. Infine, spero che il Policlinico evolva in modo da permetterci di gestire meglio la nostra funzione didattica”.     Attività di ricovero (2003) Tipologia degenza Dimessi Ordinari 705 Day Hospital 367 Totale 1.072 Attività ambulatoriale 2002 2003 Utenti esterni 4.264    4.863 Degenti presso Altre Aziende      56 76 Degenti A.P.U.G.D. 614 511 Totale prestazioni 4.934 5.450 Provenienza dimessi Provenienza Dimessi Provincia di Udine 544 Regionali (esclusa la prov. di Udine) 433 Extraregionali 95 Totale 1.072 1.072  
Silvia Pusiol