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Formazione in evoluzione Corsi on-line e università virtuali

La maggior parte dei docenti universitari (e dei docenti di ogni ordine e grado) ritiene che l’insegnante sia responsabile di che cosa, come e quando gli allievi devono imparare e della verifica di ciò che hanno appreso. Considerano, quindi, loro missione o, più prosaicamente, loro compito, trasmettere contenuti prestabiliti, controllare il modo in cui gli studenti li ricevono ed eventualmente li applicano e, infine, accertare quanto di quei contenuti hanno memorizzato.
          Partendo da queste premesse, l’intero processo formativo è stato considerato da tali teorie non come trasmissione meccanica di informazioni da un emittente ad una molteplicità di riceventi, ma come costruzione di significati che si realizza in un contesto definito, secondo le capacità del singolo allievo.   Questo hanno creduto generazioni di docenti e questo è stato trasmesso da generazione a generazione, fino a costituire l’elemento distintivo e caratterizzante della categoria. Il massimo che alcuni innovatori sono riusciti ad introdurre nell’insegnamento è stata una maggiore attenzione per l’esposizione della materia, che si è cercato di rendere più chiara e dinamica con interes-santi esempi concreti volti a facili tare la comprensione di principi o concetti astratti; con l’aiuto di qualche lucido (alcuni si sono spinti fino ad usare il power point); con qual che battuta e frequenti inviti a porre domande, inviti ovviamente raramente raccolti. Alcuni docenti si sentono molto orgogliosi delle innovazioni didattiche che hanno introdotto. Peccato che tutto l’insegnamento resti terribilmente autocentrato; posizione discutibile ma comprensibile, dal momento che i docenti si ritengono depositari della conoscenza da trasmettere e garanti del processo formativo. Lo studente resta quello di sempre: un pezzo di creta da plasmare, un contenitore da riempire, una tabula rasa su cui incidere il sapere. Questo modo di intendere l’insegnamento, in verità, non è stato universalmente condiviso; in ogni caso crolla rovinosamente nel momento in cui si applicano anche all’insegnamento le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Tutte le teorie educative riconducibili al cognitivismo, per fare un esempio, hanno sempre sottolineato il coinvolgimento dei discenti nel perseguimento intenzionale di propri obiettivi di apprendimento e il ruolo delle interazioni sociali nel processo di apprendimento. Partendo da queste premesse, l’intero processo formativo è stato considerato da tali teorie non come trasmissione meccanica di informazioni da un emittente ad una molteplicità di riceventi, ma come costruzione di significati che si realizza in un contesto definito, secondo le capacità del singolo allievo. Ma sono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione che stanno cambiando il volto della formazione, come l’abbiamo conosciuto da fruitori e da erogatori. La diffusa disponibilità di reti satellitari e terrestri e l’accresciuto uso di personal computer e di internet rendono possibile attuare programmi di formazione a distanza fruibili da un numero enorme di utenti e permettono di migliorare enormemente il processo formativo, unendo insegnante ed allievi e gli allievi fra di loro pur essendo fisicamente separati, favorendo una maggiore partecipazione attraverso la comunicazione a doppio binario, migliorando la presentazione dei materiali resi in forma multimediale (movimento, suono, testo, immagini) in questo modo suscitando un più attivo coinvolgimento del discente. Soprattutto, permettono al discente di organizzare il tempo dell’apprendimento e di scegliere il prodotto formativo, coniugando così la formazione con i tempi della vita e i bisogni maggiormente avvertiti. In questa nuova era modellata dalle ICT l’insegnamento superiore sempre più attraversa il tempo e lo spazio con corsi on line e con università virtuali. La formazione a distanza e l’apprendimento autogestito cominciano a rimpiazzare l’istruzione condizionata da un tempo e da un luogo prestabiliti. Ma non sono solo le nuove tecnologie a mettere in crisi l’insegnamento tradizionale. E’ la modificazione della domanda di formazione superiore che pone nuove e impreviste sfide all’università, il luogo istituzionale privilegiato della formazione superiore. L’utente - tipo , costruito dall’università per modellare su di esso tutta la propria struttura e la propria organizzazione, è lo studente a tempo pieno che frequenta i corsi e ne assume i contenuti, si adatta passivamente a quanto proposto, in termini di offerta didattica e di modalità organizzative, e vive all’università. A parte l’ovvia considerazione che questo utente tipo costituisce una esigua minoranza della popolazione universitaria, c’è da notare che è sorta una nuova domanda di formazione. quella della formazione continua, della formazione che dura tutto l’arco della vita. Ciò è la conseguenza di due fattori: da una parte di come stanno evolvendo il lavoro, i lavori, l’organizzazione del lavoro, i bisogni delle imprese e le professioni, e, dall’altra, la trasformazione della struttura sociale, con persone che vivono più a lungo, coltivano interessi culturali, attribuiscono maggior valore alla conoscenza. L’università deve intercettare questi nuovi bisogni formativi perché coerenti con la sua missione di formare persone critiche, in grado di controllare la conoscenza, il sé, il contesto in cui sono collocate. Una volta questa missione si esauriva all’interno di un’aula attraverso un flusso unidirezionale da un docente ad un gruppo di ragazzotti più o meno passivi. Oggi si realizza con ben altre modalità. Tutto questo pone problemi molto complessi per le università, fino a metterne in discussione la stessa funzione. Mi limito a sottolinearne uno che può sembrare marginale ma che, se si riflette un attimo, diventa cruciale: in un contesto così modificato, che cosa fare del personale docente di cui l’università dispone? E’ risaputo che un professore universitario vince i concorsi e viene assunto non per quello che sa fare ma per quello che sa. La conoscenza di cui è portatore costituisce la vera risorsa di un ateneo. Tuttavia spesso gli accademici sono isolati nel loro lavoro e non aggiornati sui nuovi metodi didattici e sull’applicazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione all’insegnamento. Soprattutto, sono scarsamente sensibili a mettersi in discussione e a riciclarsi. Come per qualsiasi istituzione educativa, quindi, anche le università dovrebbero prestare molta più attenzione allo sviluppo delle abilità didattiche del proprio personale docente, perché non basta sapere per essere anche un buon insegnante. Sarebbe pertanto utile che i docenti si aggiornassero sull’uso di strumenti multimediali, sulle implicazioni ed applicazione delle ICT, sulle metodologie della formazione a distanza, sulla comunicazione efficace. Alcuni docenti sono particolarmente attenti alle sfide e alle opportunità delle nuove tecnologie, ma in generale queste sono calate in un paradigma formativo tradizionale. I cambiamenti tecnologici, invece, intaccano l’essenza stessa del processo di insegnamento, dalla concettualizzazione del corso fino al suo svolgimento e alla valutazione. L’insegnamento on line, per esempio, richiede che il docente abbandoni il ruolo tradizionale di fonte di ogni conoscenza e di ogni sapere per assumere quello di mentore e guida. In breve, il docente deve diventare facilitatore dell’apprendimento. E questa non è una diminutio del suo ruolo, anzi lo accentua perché ne accresce l’efficacia.     Illustrazioni di Gabriella Giandelli è nata nel 1963 a Milano dove vive e lavora: Nel 1984 inizia a pubblicare fumetti. Da allora a oggi ha pubblicato su A l t e r, Frigidaire, La dolce vita, Nova Express, Strapazin, L'echo des savanes, Mano, Frigobox. Gli ultimi due volumi usciti (Silent blanket per Seuil e Sinsentido, Vies blanches per Seuil e mano edizioni) la vedono come autrice di testi. Come illustratrice collabora con Il manifesto, Internazionale, Mondadori, Einaudi, Minimum fax, Seuil, Siruela, Lucky Red, Baldini & Castoldi, Art'è. É in uscita l'ultimo suo libro a fumetti, sempre per l'editore francese Seuil, dal titolo Sous les feuilles.