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I virus nel tempo della globalizzazione.Intervista all’infettivologo Viale

È appena nata, ma è già al centro dell’attenzione. Colpa della Sars che ha scatenato il panico nella popolazione. La clinica di Malattie infettive del Policlinico universitario, operativa dall’aprile scorso, è partita a pieno ritmo con l’attività, che si attesta sulle 100 consulenze al mese.
Il professor Pierluigi Viale, direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico udinese, ha preso servizio presso l’Ateneo nel novembre 2001. Formatosi presso la Clinica di Malattie Infettive di Pavia, ha successivamente lavorato presso quella di Malattie Infettive e Tropicali di Brescia. Esperto riconosciuto in ambito nazionale ed internazionale nel campo della antibiotico-terapia, dal 1999 fa parte della Commissione unica del farmaco del ministero della Salute ed è esperto accreditato presso l’Emea per la terapia antimicrobica. Professor Viale, finalmente la Clinica è operativa. Si tratta di una funzione esclusiva del Policlinico nel polo sanitario udinese e dell’unica clinica universitaria oltre a Verona, nel Triveneto. In attesa della prossima apertura delle degenze, in che cosa consiste la vostra attività? Dal 31 marzo, grazie ad un equipe giovane ma formata in strutture di prestigio nazionale ed internazionale, sono operativi diversi ambulatori di elevata specializzazione ed è stata implementata l’attività di consulenza nei reparti ad alto rischio infettivo (terapie intensive, ematologia, centri trapianti, cardiochirurgia, ortopedia ecc…) del policlinico e dell’azienda sanitaria. Almeno il 50% del nostro tempo-lavoro è e sarà speso in assistenza ai pazienti che fanno riferimento diretto alla clinica, mentre il resto è impiegato in attività di consulenze. Gli ambulatori attivati riguardano il trattamento dell’infezione da HIV e della confezione HIV/virus epatici, le patologie a trasmissione sessuale, quelle a trasmissione materno-fetale e il management di patologie infettive complesse di comunità. Un primo, provvisorio,bilancio? Positivo, sia per l’attività ambulatoriale che di consultant. Con riferimento a quest’ultima ci stiamo attestando sulle 100 consulenze mensili all’interno del polo sanitario udinese, cui si associano interventi anche negli ospedali limitrofi. L’apertura, questa estate, delle sezioni di degenza e day hospital ci consentiranno di fare il definitivo salto di qualità in termini di servizio offerto alla popolazione. A che punto è l’iter della Scuola di specializzazione in Malattie infettive? Confido in una prossima istituzione. La Facoltà di Medicina e chirurgia ha da tempo espresso il proprio assenso e l’Università di Udine ha già presentato la domanda al ministero. Ora siamo in attesa delle decisioni da Roma. Quale ruolo e importanza attribuisce alla Clinica da lei diretta e in quale ambito opererà? Occupando spazi di propria competenza e senza voler interferire con le altrui professionalità, Malattie Infettive vuole proporsi alla popolazione, ai medici di medicina generale e ai colleghi ospedalieri del polo udinese e del Friuli Venezia Giulia, come un servizio specialistico in grado di contribuire all’ulteriore miglioramento della qualità dell’assistenza e della ricerca. Più in generale, ci proponiamo di avere un ruolo di riferimento anche in ambito scientifico e formativo. Abbiamo una forte volontà di creare una struttura di qualità e ci sono i presupposti per operare ad ottimi livelli. Come sta cambiano l’infettivologia? L’infettivologia non dev’essere associata solo all’Aids. Molte altre problematiche coinvolgono sempre più le nostre competenze, per cui è ipotizzabile e auspicabile una infettivologia sempre meno “addetta all’isolamento” e sempre più “dell’ospedale”, in grado di agire trasversalmente e in collaborazione con quelle professionalità che operano in contesti assistenziali ad alto rischio infettivo, ritagliandosi altresì il ruolo di cogestore della politica antibiotica dei nosocomi. Globalizzazione e malattie infettive. I rischi aumentano? Alla conferenza mondiale dell’Organizzazione mondiale della sanità nel 1978, fu detto che le malattie infettive non rappresentavano più una cura prioritaria nei paesi progrediti. Nel 1981 iniziò, invece, l’era dell’Aids. Nel 2001, sempre alla conferenza dell’Oms, si è affermato che il mondo sta vivendo una nuova “crisi infettivologica”. Negli ultimi 10 anni almeno 30 nuove o vecchie malattie infettive sono comparse o riemerse. La tubercolosi, per esempio, si sta ri-espandendo. Ora è scoppiata l’emergenza Sars. La soglia di attenzione deve restare sempre alta. In Europa l’epidemia da Hiv si è stabilizzata ma la possibilità di contagio si è allargata a tutta la popolazione. La situazione è molto preoccupante nell’Africa sub-sahariana, in India, nel Sud Est asiatico, nell’Europa dell’Est con oltre 5 milioni di nuovi casi all’anno. In Friuli Venezia Giulia l’incidenza è bassa, ma non bisogna dimenticare che siamo soggetti ad un continuo flusso in entrata di extracomunitari provenienti da zone a rischio. Qual è la situazione della polmonite atipica? La Sars è nata in Cina, dove si è potuta sviluppare grazie al basso livello di attenzione dei locali organi di sanità pubblica e per ora ha solo sfiorato i paesi occidentali, ad eccezione del Canada. È un’infezione a trasmissione aerogena, difficile da prevenire. Fortunatamente, pare avere una scarsa efficienza di trasmissione, ma il tasso di mortalità (circa il 10%) è molto elevato. Il modo migliore di curarla è quello di isolare i casi sospetti e conclamati. In Italia è necessario mantenere ancora per molti mesi la massima allerta. Se i sistemi sanitari funzionano (e la nostra regione ha dato ampia prova di sé in tal senso), è probabile che l’Europa non diventi zona di epidemia.    
Stefano Govetto