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Arriva la fabbrica-giardino.Un laghetto con i pioppi per depurare le acque di scarico

La fitodepurazione può rappresentare l’alternativa naturale alla depurazione tradizionale, visto che comporta vantaggi sia dal punto di vista ambientale, sia economico. In particolare per i piccoli comuni di montagna. A parità di efficacia con le tecniche tradizionali la depurazione delle acque reflue attraverso le piante garantisce operazioni gestionali più semplici, minor impatto ambientale e vantaggi dal punto di vista economico.Lo dimostra il progetto di ricerca del dipartimento di Scienze economiche dell’Ateneo di Udine che, per la prima volta, ha realizzato un impianto di fitodepurazione in un rifugio alpino. Si tratta della struttura “Fratelli Grego” nel comune di Malborghetto-Valbruna, all’interno del Parco delle Alpi Giulie, a quota 1.390 metri sul livello del mare. Inoltre, dal 1995 è in funzione nel comune di Gorizia un impianto pilota di fitodepurazione a flusso verticale, grazie alla collaborazione con il Centro di ecologia teorica ed applicata (Ceta) di Gorizia. Ma la fitodepurazione potrà essere una soluzione efficace anche per gli impianti industriali.  A questo proposito, è appena stata stipulata una convenzione con l’industria di bombole “Faber” di Cividale per la realizzazione dello studio preliminare di un impianto di fitodepurazione. L’analisi emerge dalla “Valutazione tecnico—economica ed ambientale della fitodepurazione a servizio di piccole utenze. Analisi della situazione in Friuli—Venezia Giulia”, il volume di Francesco Marangon, Elisa Tomasinig e Massimo Vecchia, pubblicato dall’editrice universitaria Forum. Ma in cosa consiste la fitodepurazione? Nella depurazione delle acque reflue attraverso le piante. Si crea una sorta di laghetto artificiale dove far confluire le acque da depurare. Nel laghetto sono coltivate piante utili a questo scopo, soprattutto piante autoctone o tipiche delle zone umide, quali canna, salice, pioppo. La depurazione vera e propria è affidata all’azione degli organismi viventi che degradano le sostanze organiche di rifiuto trasformandole in composti minerali che rientrano nel ciclo naturale e consentono di ottenere un’acqua depurata sotto il profilo chimico e batteriologico. Dall’esterno si vedono delle canne di lago che sembra crescano spontaneamente. Non ci sono quindi né problemi dal punto di vista estetico, né traccia di cattivi odori. L’impatto sulla flora è minimo e non crea alcun disturbo alla fauna. Le modalità costruttive sono molto semplici, in modo da consentire l’utilizzo di materie prime e l’impiego di manodopera da reperire in loco. Il vantaggio economico è garantito. “La costruzione di un impianto di fitodepurazione costa circa il 30% in più rispetto ad uno tradizionale – spiega Francesco Marangon, uno dei responsabili della ricerca – ma il risparmio dei costi di gestione ordinaria va dal 50 al 90%. Considerato quindi il costo di servizio, che somma sia l’investimento iniziale che la gestione dell’impianto nei 20 anni successivi, il risparmio complessivo si aggira intorno al 30-50%”. In Friuli-Venezia Giulia sono presenti 9 comuni con popolazione residente superiore a 2 mila abitanti che attualmente risultano provvisti esclusivamente di impianti di trattamento primario e 5 senza alcun impianto di trattamento. Secondo le disposizioni normative, questi comuni dovranno dotarsi di un impianto di trattamento secondario o equivalente entro la fine del 2005 e dovranno quindi effettuare una scelta ragionata sulla tecnologia più opportuna da adottare sul loro territorio”. Per i comuni della zona montana e carsica, o che presentano una bassa densità abitativa, come Ovaro, Paularo e Sgonico, la fitodepurazione potrebbe dimostrarsi la scelta vincente. Le località di pianura, invece, potrebbero adottare impianti di fitodepurazione centralizzati. Lo smaltimento “naturale” delle acque reflue è un’efficace soluzione soprattutto per i comuni con meno di 2 mila abitanti. In regione ce ne sono 8, oltre ad un numero cospicuo di frazioni e località, non allacciati ad alcun sistema di trattamento delle acque reflue. In queste località la scelta del trattamento dovrà garantire una semplice gestione degli impianti e consentire la minimizzazione dei costi gestionali.  
Simonetta Di Zanutto