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Medici più preparati se la didattica usa metodi innovativi

Il percorso didattico della laurea in Medicina a Udine ha anticipato di 12 anni i cambiamenti introdotti dalle riforme.
«Le persone che formano il medico di domani siamo noi, docenti universitari. Dunque il nostro obbligo principale deve essere la didattica». Parola di Alfred Tenore, presidente del Consiglio di corso di laurea in Medicina e chirurgia, che alla didattica si dedica con impegno e passione da 17 anni e che ha costruito ogni singolo anno con un preciso metodo di pianificazione che ruota attorno alle esigenze dello studente che, terminati gli studi, dovrà saper esercitare la professione di medico. Fin dal 1991 a Udine l’intero percorso formativo è pianificato nei minimi dettagli, anticipando di gran lunga le trasformazioni attuate con la riforma. Blocco di rotazione. In un corso di laurea come quello di Medicina e chirurgia la didattica non può essere organizzata come nelle altre facoltà, per la specificità della professione che i laureati andranno a svolgere. All’inizio del primo anno ogni studente ottiene il “Programma di orientamento e corsi”, dove sono elencati per l’intero anno accademico calendari di lezioni, appelli, incontri. Avanzando nel corso di studi, le lezioni lasciano sempre più spazio alla parte pratica, anch’essa rigorosamente programmata. Dal 4° al 6° anno le lezioni sono via via ridotte al minimo, mentre crescono le attività pratiche. Si tratta di un’attività, definita “blocco di rotazione”, che diventa protagonista assoluta il 6° anno di corso, quando l’attività pratica soppianta completamente la didattica tradizionalmente intesa. Gli studenti, in gruppi, sperimentano a rotazione, per periodi che variano da sei a due settimane, tutte le attività cliniche relative alle discipline previste in quell’anno, cui si aggiungono la permanenza al pronto soccorso generale e in uno studio di un medico di base. Una giornata-tipo. «Lo studente - esemplifica Tenore – durante la rotazione in Pediatria, arriva alle 7:30 circa, vede i pazienti, si aggiorna e rimane in clinica fino alle 17. L’unico momento di didattica tradizionale è dalle 12.30 alle 13.30. Ma non si tratta di una lezione frontale, ma di una discussione dei casi clinici». Lo studente a inizio corso riceve un libretto che scandisce queste attività dal lunedì al venerdì, in ogni dettaglio. «In pronto soccorso pediatrico – continua Tenore - i giovani lavorano il sabato, la domenica, la notte, stanno con i medici. Imparano responsabilità e impegno». Questo metodo didattico, usato a Udine già dal ’91, in anticipo rispetto alle varie riforme degli ordinamenti didattici che hanno portato a quella attuale, si sta oggi gradualmente sviluppando anche in altre Facoltà italiane. Clinical skills. Ogni studente nel corso della sua carriera deve sperimentare e apprendere attività pratiche ritenute fondamentali per ogni singola disciplina: i cosidetti “clinical skills”. «Ci sono – spiega Tenore - cose che lo studente deve aver visto fare; cose che deve aver fatto almeno una volta; cose che deve saper fare di routine». Per poter acquisire questi “clinical skills” è necessaria una loro programmazione e distribuzione spalmata nell’ambito delle attività didattiche dei sei anni. Ogni obiettivo via via raggiunto è attestato dalla firma del docente sul libretto che ogni studente riceve all’inizio dell’anno. Progress test. Si tratta di un esame, non obbligatorio, introdotto a Udine e recepito ormai da 40 delle 45 facoltà in Italia. Il test, identico nei quesiti, viene sottoposto agli studenti in tutti gli anni di corso. Il risultato ottenuto dal singolo studente è messo a confronto con la media ottenuta a Udine e a livello nazionale. Il test è costituito da 300 domande a scelta multipla, delle quali 150 su argomenti riscontrati nei primi tre anni del corso di laurea (scienze di base) e 150 su problemi clinici degli ultimi tre anni. Serve per valutare il progresso dello studente e individua se gli obiettivi del “core” curriculum sono stati raggiunti. Dovrebbe diventare «un importante aiuto per i docenti – dice Tenore – al fine di ritarare i programmi di insegnamento adeguandoli a fornire informazioni “irrinunciabili” alla formazione del medico». Con il progress test i docenti non solo individuano le carenze degli studenti, ma i motivi di queste carenze (una mancanza di nozioni o un modo inappropriato di insegnarle). Il progress test ha mostrato, inoltre, che gli studenti apprendono realmente per esperienza. Accoglienza a misura di matricola Anche l’accoglienza delle matricole a Medicina è attentamente pianificata, secondo un preciso programma che si snoda attraverso incontri distribuiti in tre giorni. Dopo il benvenuto agli immatricolati da parte del presidente del consiglio di corso di laurea, Alfred Tenore, ogni matricola si presenta alle altre, vengono illustrate le strutture della facoltà, spiegato il nuovo ordinamento didattico e illustrato il programma dei sei anni di studi. Nel pomeriggio le matricole sostengono la prova di conoscenza dell’inglese, ai fini del piazzamento nei vari livelli di corso di lingua obbligatorio del primo e secondo anno. Infine viene spiegato come usare la sala informatica. Il secondo giorno, spazio dedicato alle indicazioni su come studiare, come prendere appunti, come migliorare la memoria e come affrontare gli esami, con vari esempi pratici. Il terzo giorno sono illustrate le varie possibilità di studio o esperienza all’estero. I docenti del primo anno presentano i corsi, spiegano cosa si aspettano dagli studenti. Poi è la volta degli studenti e delle loro domande. La giornata si conclude con le testimonianze di studenti degli anni successivi, che rimangono a disposizione delle matricole per qualunque dubbio o domanda, con la presentazione dell’attività di tutorato e con una lezione sui fondamenti etici del rapporto medico-paziente. La serata è dedicata all’incontro conviviale con i tutor assegnati dopo il “benvenuto” del rettore e del preside e dopo le informazioni utili dei responsabili dei vari uffici d’ateneo con cui gli studenti potranno avere a che fare nel corso degli studi. A conclusione di questi tre giorni le matricole fanno il giuramento di Ippocrate, che ripeteranno alla fine degli studi. «Farlo soltanto alla fine è troppo tardi – sorride Tenore -. Gli studenti devono capire da subito il valore di quelle parole dal punto di vista etico e in vista del loro futuro mestiere».
Silvia Pusiol