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Urologia, aumentano i tumori dell’apparato genitale

Il tumore alla prostata, insieme a quello al polmone, al colon e alla mammella, è uno dei quattro killer oncologici. Se ne occupa il dipartimento interaziendale dell’Azienda ospedaliero-universitaria, fra i primi ad aver unito le competenze di Policlinico e ospedale.
Nato a Corneliano d’Alba (Cuneo) sessant’anni fa, Bruno Frea il primo novembre del 2005 è stato nominato, al suo arrivo all’università di Udine da ordinario di Urologia, direttore del dipartimento interaziendale di Urologia del polo sanitario udinese. La struttura è nata nel 2004, dall’unione della divisione Urologia dell’Azienda S. Maria della Misericordia con la clinica universitaria che aveva sede a Gemona dalla fine degli anni Novanta. Laureato a Torino, specializzato in Urologia e in Chirurgia d’urgenza e Pronto soccorso, Frea è stato docente negli atenei d Torino, Trieste, Milano e del Piemonte Orientale. Consulente per due anni presso la Divisione di urologia dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha diretto per 7 anni la clinica Urologica dell’Azienda ospedale Maggiore e della Carità di Novara. Professor Frea, qual è il bilancio di un anno di attività del Dipartimento interaziendale? “La nostra struttura ha avuto un ruolo particolare rispetto agli altri dipartimenti interaziendali. Non si è trattato di una vera fusione, come è avvenuto per gli oncologi o per i neurologi, dove ci sono figure universitarie e figure ospedaliere con delle connotazioni specifiche sia professionali, sia di strutture e location delle attività. Il personale e le attrezzature universitarie, qui, hanno soltanto arricchito la divisione ospedaliera, il “matrimonio” università-ospedale si è sentito poco, e non c’è stata alcuna difficoltà”. La ricerca contraddistingue l’attività medica delle cliniche universitarie. Da questo punto di vista, c’è stato un incremento con l’“iniezione” di personale dell’Ateneo? “Certamente. Questo è un reparto con un alto carico assistenziale, che rappresenta anche la base da cui parte la ricerca e la chiusura del cerchio per la ricerca stessa. Noi siamo dei clinici e il nostro lavoro è curare i malati attraverso lo studio dei possibili miglioramenti delle nostre prestazioni. Facciamo ricerca clinica, e i risultati ritornano nelle prestazioni erogate. Tutto ciò viene trasmesso con la didattica agli studenti, che qui possono vedere una maggiore casistica e imparare in modo diretto tutte le competenze professionali. In un anno, ho osservato con soddisfazione il mutato atteggiamento mentale degli studenti nei confronti di un reparto che prima era considerato solo un reparto assistenziale”. Cos’è l’urologia? “Si occupa delle patologie a carico del rene, delle vie urinarie e dell’apparato genitale maschile. È la più bella specialità che esista, perché ha una parte medica che cura le malattie delle vie urinarie e una grossa componente diagnostica strumentale che esegue endoscopie, studio funzionale (studi urodinamici, video urodinamici, ecografie funzionali dell’apparato urinario, doppler ed ecocolor-doppler), ecografia oncologica, biopsie. Dal punto di vista della terapia, prevede terapie raffinate, endourologiche ed endoscopiche estremamente delicate, laparoscopiche, chirurgia minimamente invasiva dell’incontinenza urinaria maschile e femminile. Abbiamo una chirurgia importante, demolitiva, ricostruttiva e funzionale. Facciamo gli “idraulici” e gli “elettricisti”, perché ci occupiamo anche della stimolazione dei nervi per riprendere determinate funzioni. L’urologia, quindi, è una delle specialità più complete che ci siano. Sul suo apparato, l’urologo conosce tutte le tecniche e le attività”. A Udine manca una Scuola di specializzazione. “Questo mi addolora molto. A livello accademico e regionale stiamo portando avanti il discorso della sua attivazione. Senza la Scuola di specializzazione, manca l’incentivo per gli studenti a proseguire in questo campo e la curiosità e la voglia di imparare dei giovani rappresenta una risorsa irrinunciabile”. Urologia e nefrologia, quali le differenze? “Nefrologi e urologi hanno in comune il rene. I nefrologi si occupano essenzialmente delle malattie mediche del rene, dell’insufficienza renale, della dialisi, della preparazione e dell’assistenza post-operatoria dei pazienti trapiantati. Per il resto, sono di competenza dell’urologo le malattie chirurgiche del rene, le malattie mediche e chirurgiche delle vie escretrici urinarie e dell’apparato genitale maschile. Ci sono in questo campo delle situazioni in cui lavorare insieme può migliorare la prestazione offerta al paziente, ad esempio per la calcolosi urinaria”. Quali le malattie più diffuse? “Ci occupiamo prevalentemente di urologia oncologica. L’età della popolazione aumenta e conseguentemente aumentano i tumori a carico dell’apparato urogenitale. Il tumore della prostata è uno dei quattro killer oncologici (con polmone, colon retto e mammella). Nell’attività chirurgica oncologica la prostatectomia radicale è l’intervento più eseguito. Trattiamo inoltre molti tumori del rene e della vescica. Più rari, invece, i tumori dei testicoli e le neoplasie del pene”. Qual è il vostro bacino di utenza? “Abbiamo una lunga lista d’attesa che crea ansia, perché non riuscire a rispondere in tempi adeguati alle richieste preoccupa. Questo, tuttavia, è anche indice di fiducia da parte della popolazione, essendoci così tante richieste di prestazioni. Molti pazienti arrivano da fuori provincia e regione, perché l’urologia funzionale, in particolare, che studia le disfunzioni della minzione, ci caratterizza a livello regionale. Siamo centro di riferimento, unici in regione, per le terapie per l’incontinenza urinaria maschile. In questo campo, il nostro livello è riconosciuto a livello internazionale. Ci occupiamo anche della neuromodulazione delle radici sacrali per curare alcuni tipi di disfunzioni della vescica”. Ha definito il tumore alla prostata uno dei tumori killer, in quanto numericamente tra i più diffusi. È anche, come ad esempio quello della mammella, tra i più guaribili? “Anche per la prostata si cominciano a vedere risultati simili. I dati degli ultimi anni mostrano l’aumento della malattia e contemporaneamente la diminuzione di morte per malattia”. È importante la prevenzione tramite visite di controllo? “L’esame del Psa (antigene prostatico specifico) è uno degli esami più utilizzati per la diagnosi precoce del cancro di prostata, ed è consigliabile per gli uomini dai 50 anni in su. L’utilizzo dell’esame in modo capillare è oggetto di discussione in questi ultimi anni perché può portare a diagnosticare anche tumori prostatici poco aggressivi. Noi pensiamo che il problema non consista nell’eccesso di diagnostica, cioè di conoscenza, perché l’obiettivo del “homo sapiens” è comunque e sempre la conoscenza. Non può esistere un eccesso di conoscenza, mentre ci può essere un eccesso di azione, e, quindi, di terapia. Gli interventi di prostatectomia radicale sono numerosissimi, ma nell’ambito dei tumori alla prostata, alcuni sono aggressivi, mentre altri hanno una lenta evoluzione e possono convivere con il paziente senza diventarne la causa di morte”. Dunque sì alla diagnosi, ma ridimensionamento degli interventi? “La diagnosi, cioè la conoscenza, non può essere messa da parte. La terapia, cioè l’azione, invece, non sempre deve essere intrapresa. Il Psa ci porta a sapere, e per questo alcuni tendono ad evitarlo. Ritengo invece giusto sottoporsi al Psa e ragionare poi insieme sul da farsi. La cosa più difficile non è proporre l’intervento a una persona che ha il tumore, ma spiegare ad un ambito familiare l’opportunità o meno dell’intervento stesso”.     Terapie da primato in Friuli Venezia Giulia   Il dipartimento interaziendale di Urologia è centro di riferimento unico in regione per le terapie per l’incontinenza urinaria maschile dopo prostatectomia radicale. «In questo campo - dice il direttore, Bruno Frea - il nostro livello è conosciuto a livello internazionale. Abbiamo colleghi stranieri che vengono a imparare qui da noi». In questo ambito, gli urologi udinesi svolgono anche la neuromodulazione delle radici sacrali per curare alcuni tipi di disfunzioni della vescica. «Si tratta – precisa Frea – di una novità assoluta per il Friuli del nord e per la Venezia Giulia; in regione prima di noi se ne occupava solo Pordenone». La ricerca si svolge anche nel campo del “linfonodo sentinella in urologia”. Uno dei temi attuali riguardano la necessità di asportare i linfonodi o meno nell’intervento per tumore prostatico. La ricerca punta all’individuazione del “linfonodo sentinella”, al fine di procedere alla linfoadenectomia solo se è davvero indispensabile. Il “linfonodo sentinella” è il primo che viene interessato dalle cellule tumorali della prostata. «Una volta individuato – spiega Frea – lo preleviamo e lo facciamo analizzare. Se risulta non contaminato dalla malattia, possiamo fermare lì la linfoadenectomia». In questo ambito di ricerca, il dipartimento di Udine è l’unico in regione nel campo del tumore alla prostata. Infine, è recentissimo l’indirizzo della ricerca nel campo delle cellule staminali, in particolare per quanto riguarda gli interventi di impianto di nuove vesciche e sostituzione di tessuti ottenuti da cellule staminali.
Silvia Pusiol