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PROTOTIPIZZAZONE RAPIDA

Bilancio positivo per il laboratorio di Amaro che, operativo da tre anni, ha contattato 70 aziende e lavorato insieme ad imprese che operano nei più svariati settori: dalla biomedicina alla stampistica, fino alla conservazione dei beni culturali. Può essere usata per la progettazione meccanica nella stampistica, in campo medico e anche nell’ambito della conservazione dei beni culturali. È la prototipazione rapida, una metodologia di sviluppo dei prodotti che consente di passare direttamente dalla modellazione informatizzata tridimensionale di un oggetto (con il sistema Cad 3D) alla realizzazione del relativo prototipo fisico, in resina o in metallo. Tre anni fa, presso il centro di innovazione tecnologica dell’Agement, è nata FP@ “Fabbrica Prototipi @maro” dove si è sviluppato un laboratorio di prototipazione rapida, grazie alla sinergia realizzata fra Università di Udine, Agemont , Centro ricerche Fiat e Consorzio Friuli Innovazione, nell’ambito di un progetto di ricerca del ministero dell’Università e della Ricerca, sul tema del Lavoro Collaborativo in rete (ricordato dalla @ dell’acronimo sopracitato). “È stata una novità culturale - spiega Camillo Bandera, professore ordinario di “Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale” dell’ateneo friulano e responsabile del laboratorio - in quanto ha offerto la possibilità di progettare in ambiente virtuale modelli tridimensionali (simulandone funzionalità, fattibilità tecnologica, estetica, ecc.) e di ottenere in tempi brevissimi anche il prototipo fisico, da poter valutare concretamente, pur essendo ancora lo stesso in fase di progettazione”. I vantaggi si misurano in flessibilità operativa, tempi e costi di sviluppo. Dopo l’elaborazione matematica del modello, le macchine di prototipazione rapida generano, per addizione di materiale, prototipi o parti di stampo in metallo o resina epossidica. I prototipi ottenuti si prestano per prove funzionali, valutazioni estetiche, prove di assemblaggio, attrezzaggio rapido e processo di microfusione. Positivo il bilancio del laboratorio che ha contattato una settantina di aziende, di cui la metà hanno accettato anche di essere coinvolte. La conoscenza delle aziende nasce anche attraverso gli studenti che, durante i tirocini, hanno la possibilità di sperimentare la nuova tecnologia, che, come sottolinea Bandera, “si rifà più al modello dell’artigiano che a quello dell’industria. Oggi gli utensili sono più sofisticati, ma la filosofia alla base del lavoro resta la stessa”. Nella stampistica c’è la possibilità di creare un prodotto finale caratterizzato da “forme libere” dettate da precise richieste estetiche o di design, ma nello stesso tempo rispondenti anche alle esigenze tecnologiche della produzione industriale. In campo medico, sulla base dei dati forniti dalla TAC, è possibile ricostruire fisicamente l’ambito operativo del chirurgo. Interessanti esperienze sono state realizzate nell’ambito della chirurgia maxillo-facciale. In questo caso viene realizzato un prototipo fisico dell’osso dello specifico paziente: la novità assoluta consiste nel fatto che la nuova tecnologia permette di pianificare l’intervento chirurgico in base alle esigenze di quel particolare paziente. Con la stereolitografia - che consiste nella solidificazione per mezzo di un laser di strati successivi di una resina polimerica fotoindurente - l’Università di Udine ha potuto ricostruire anche diversi reperti archeologici. In collaborazione con il Centro Ricerche Fiat, ad esempio, è stata ricostruita una fibula romana del II secolo, mentre l’ultimo lavoro ha riguardato la replica in metallo della statua in bronzo di un amorino del museo di Zuglio. Molto importante è il coinvolgimento nella progettazione dell’oggetto, prima ancora della sua costruzione, di progettista, tecnologo e cliente: la nuovissima tecnologia informatica permette di superare le difficoltà logistiche dettate dalle distanze fisiche. Basta mettersi in rete, collegarsi in videoconferenza con il collega che sta ovunque, anche dall’altra parte del mondo, scambiarsi i file con i progetti. Il lavoro collaborativo è la risposta alla posizione geografica aspra e marginale che caratterizza la montagna e alla conseguente difficoltà a creare imprese in loco. Nel laboratorio di Amaro, collegato in rete con il sistema nazionale della ricerca e del trasferimento tecnologico, la prototipazione rapida può essere attuata anche lavorando a distanza, grazie alle nuove possibilità offerte da internet e dalla tecnologia dell’informazione. Un modo di lavorare che consente di superare le barriere geografiche e psicologiche, per ridurre le distanze anche culturali e avvicinare le aziende in un Laboratorio, fisico o virtuale, per lavorare assieme, “collaborare”, su un progetto comune