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Medicina e chirurgia, in vent’anni anni al top

Nel 1986 era formata da sei docenti e trenta studenti. Oggi ha il più basso numero di studenti fuoricorso, è stata giudicata dal Censis la migliore facoltà di Medicina in Italia e ha vinto due volte il Premio nazionale per l’innovazione grazie ai progetti ideati dai suoi ricercatori.
È immersa nel verde e nella quiete di un ex convento di frati cappuccini. Le celle sono state trasformate in aule, uffici, biblioteche, studi e laboratori, l’ex chiesa è diventata l’aula magna. Un ambiente ideale per lo studio quello della la facoltà di Medicina e chirurgia dell’università di Udine che nel 2006 compie vent’anni. Un percorso iniziato con sei docenza ti e trenta studenti il 1° novembre 1986 nella prima, provvisoria, sede dell’ospedale per la riabilitazione Gervasutta. Un percorso che l’ha condotta negli ultimi quattro anni ad essere giudicata dal Censis la migliore facoltà di Medicina italiana, a vincere nel 2003 e nel 2004 il Premio nazionale per l’innovazione grazie ai progetti ideati dai suoi ricercatori, ad avere il più basso numero di studenti fuoricorso fra tutte le altre facoltà di Medicina del nostro Paese, al ruolo internazionale riconosciutole dalla Commissione europea che le ha affidato il compito di riorganizzare le facoltà di Medicina serbe. Oltre 1.400 iscritti. La facoltà è articolata in dieci corsi di laurea di area sanitaria, quattro corsi di laurea specialistica, ventinove scuole di specializzazione, tre master e quattro dipartimenti di riferimento. Gli iscritti alla laurea specialistica in Medicina e chirurgia sono quasi 600. Altrettanti sono gli studenti che frequentano le lauree infermieristiche, i corsi di biotecnologie, educazione professionale, fisoterapia, ostetricia, scienze motorie, tecniche della prevenzione, tecnici di laboratorio biomedico, di neurofisiopatologia e di radiologia. «La nostra – spiega il preside, Massimo Politi – è una facoltà che favorisce una rapida organizzazione del percorso di studi, consente agli studenti di avere un rapporto diretto con i docenti e permette al laureato di trovare un inserimento quasi immediato nelle varie scuole di specializzazione». Studenti super-selezionati. «L’organizzazione del corso di laurea specialistica in Medicina e chirurgia – sottolinea Politi – si basa su due principi rimasti invariati nel tempo che ne hanno consentito uno sviluppo positivo: il numero programmato in ingresso, fissato in 80, e il rispetto della regola del non passaggio all’anno accademico successivo se non si superano tutti gli esami di quell’anno». Un criterio, quest’ultimo, che la facoltà udinese ha adottato per prima in Italia e che, assieme al primo, ha consentito di ridurre a meno del 5% gli studenti fuori corso. Molto del merito va però dato anche ai giovani che vogliono iscriversi a Udine. Gli studenti che si sono presentati al test iniziale del 2005 si sono dimostrati i più preparati fra i quasi 35 mila aspiranti medici che hanno fatto la prova nelle altre 34 facoltà di medicina italiane. A rapporto dai pazienti. Anche nel campo della didattica Udine ha precorso i tempi apportando significative innovazioni nei contenuti e nella pratica. Un esempio: ha introdotto per prima una formazione relazionale e deontologica attivando l’insegnamento “Medico-paziente” e dando inoltre la possibilità agli studenti del sesto anno di fare un tirocinio presso i medici di base. Più in generale, spiega il professor Politi, «si è passati da una didattica formale a una di natura pratica orientata verso la clinica. Fin dal primo anno infatti gli insegnamenti mettono in contatto con la realtà medica». Anche perché oggi la docenza non è più impostata sullo studio della malattia partendo dalle cause, passando ai sintomi per giungere alla terapia. «Ora l’insegnamento parte dal problema – evidenzia il preside –, con il cosiddetto “problem based learning” si parte dall’osservazione del paziente per poi arrivare alla soluzione dei problemi». Trapianti, staminali, plasticità muscolare. Una ricerca scientifica di alto livello è necessaria per trasmettere agli studenti le più recenti acquisizioni delle discipline insegnate e un corretto approccio metodologico alle scienze di base e cliniche. E la medicina friulana vanta tradizionalmente una altissima qualità nella ricerca. In particolare, nel campo chirurgia dei trapianti e della medicina rigenerativa, con una significativa ricaduta dal punto di vista assistenziale, e della fisiologia con il Centro d’eccellenza Mati (Microgravità, aging, training and immobility), dove si studiano le plasticità muscolari in condizioni di stress. Una qualità riconosciuta anche dal secondo posto raggiunto dall’università di Udine nelle settore delle Scienze mediche fra gli atenei di medie dimensioni certificato dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (Civr) nel primo rapporto triennale (2001-2003) di valutazione della ricerca. Tirocini dai medici di base. Accanto alla didattica e alla ricerca le facoltà di Medicina si caratterizzano anche per una terza fondamentale missione: l’assistenza. «A Udine– spiega Politi –, l’integrazione fra Ospedale Santa Maria della Misericordia e Policlinico universitario porterà indubbi vantaggi. Un processo che è già partito in via sperimentale con la creazione dei dipartimenti misti di Oncologia e Neurologia» Due realtà ospedaliere di alto livello, quindi, che uniranno le loro forze mettendo a disposizione degli studenti, dei ricercatori e dei docenti grandi potenzialità, quantitative e qualitative, potendo disporre di casistiche più numerose, importanti e variegate. Ci saranno anche molte più opportunità di inserimento professionale. A partire dai tirocini obbligatori in vista dell’esame di abilitazione professionale. Tirocini che ora, con il nuovo esame di stato, è possibile effettuare, oltre che nei reparti ospedalieri, anche presso lo studio di un medico di famiglia. Un sistema di possibilità che la facoltà udinese è stata fra le prime in Italia ad organizzare, mettendolo a disposizione dei propri laureati grazie ad una convenzione sottoscritta con l’Ordine dei medici e le Aziende per i servizi sanitari delle province di Udine, Pordenone e Gorizia, e l’Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia. La sfida delle biotecnologie. Il corso di laurea interfacoltà in Biotecnologie prevede anche l’indirizzo di Biotecnologie sanitarie. Formerà biotecnologi specializzati essenzialmente nei problemi della medicina rigenerativa e delle cellule staminali. Inoltre, saranno presto avviate due nuove Scuole di specializzazione in Genetica medica e in Urologia. «L’obiettivo ultimo della facoltà è quello di formare una classe medica competitiva con i medici europei – sottolinea il professor Politi – sviluppando una tensione positiva, creando un senso di appartenenza alla facoltà, formando e valorizzando i medici, i ricercatori e i docenti, al servizio della società e per dare continuità e prestigio alla già riconosciuta e apprezzata scuola medica friulana».     Dopo la laurea, via alla carriera accademica   Ci sono voluti dieci anni per raggiungere l’indipendenza economica, ma Cristiana Catena non ha dubbi: “Ne è sicuramente valsa la pena”. Dopo aver scelto di iscriversi a Medicina a Udine per “unire l’interesse verso le materie biologiche con il desiderio di una attività in ambito sanitario o della fisiologia umana o animale”, nel 1995 si è laureata, quindi ha frequentato per 5 anni la Scuola di specializzazione in Medicina interna ed svolto un programma di dottorato di 3 anni, sempre alla Clinica medica, prima di diventare ricercatore. “Mi reputo fortunata – dichiara Catena - in quanto tutti questi anni sono stati per me preziosissimi sia sotto il profilo professionale che umano. Ho avuto infatti l’opportunità di avere una importante maturazione clinico-scientifica facendo esperienza diretta nella gestione di pazienti con patologie svariate, acquisendo la capacità di utilizzo autonomo di strumenti diagnostici sofisticati e, soprattutto, partecipando attivamente ad una fervida attività di ricerca nel campo delle malattie cardiovascolari, renali e metaboliche che mi ha permesso di vedere il mio nome e quello del mio Istituto apparire nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali”. In questo percorso, secondo la ricercatrice, è stato fondamentale il supporto e l’esempio costante ricevuto dai colleghi più esperti. Che è servito ad imparare che quella del medico “è una professione dura, ma anche speciale: infatti, se da una lato non esiste orario di lavoro e quando, alla sera, sei pronto per andare a casa salta fuori un nuovo problema da risolvere, il fatto di essere a contatto con persone sofferenti ti offre la grandissima opportunità di sentirti concretamente utile per il tuo prossimo”. E dopo aver finito con i pazienti, si comincia con le lezioni e la relazione per il congresso ed il lavoro scientifico da scrivere. D’altra parte, “ogni scelta ha un costo”.
Stefano Govetto