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Chirurgia plastica: non solo un problema di estetica

Dalla chirurgia oncologica cutanea a quella ricostruttiva e regenerativa. Le competenze della clinica del Policlinico universitario da spaziano in molti settori. Per correggere il difetto morfologico e migliorare la funzionalità.
La clinica di Chirurgia plastica ricostruttiva è attiva da 13 anni nel Policlinico universitario di Udine, assolve a compiti didattici, anche con rapporti internazionali, ed è sede dell’omonima scuola di specializzazione. La clinica svolge sia attività di ricerca, in particolare con studi sulle colture di cellule staminali del tessuto adiposo, sia, naturalmente, di assistenza, in sede e negli ospedali convenzionati dell’area vasta udinese. Coordinatore dell’attività, dopo il trasferimento del professor Carlo Riberti all’università di Ferrara, è Pier Camillo Parodi 45 anni, toscano, laureato nel 1985 all’università di Parma, dove si è specializza in chirurgia plastica ricostruttiva nel 1990. Abilitato all’esercizio della professione di medico chirurgo nel Regno Unito essendo registrato nella Principal list of the register of medical practitioner presso il Generale medical council di Londra, Parodi nel 1990 è ammesso alla scuola di specialità di chirurgia maxillo facciale di Milano, dove si specializza nel 1995. Dal 1993 fa parte della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. Dal gennaio 2004, dopo un lungo periodo di lavoro all’università di Milano e al Policlinico udinese, è ricercatore in chirurgia plastica all’ateneo friulano. Dottor Parodi, di cosa si occupa la chirurgia plastica ricostruttiva? “Il nostro lavoro è legato essenzialmente alla chirurgia oncologica cutanea, come i carcinomi della pelle, i melanomi o sarcomi delle parti molli, nell’ambito degli esiti cicatriziali. Per quanto riguarda gli interventi in acuto collaboriamo strettamente con le altre strutture. La disciplina negli ultimi 20 anni ha avuto grande dinamica di sviluppo, sia per le caratteristiche proprie della specialità, sia perché è una delle specialità con maggiore valenza di collaborazione con le chirurgie cugine, la generale, la neurochirurgia, la maxillo facciale, oltre all’otorino e all’ortopedia. Il chirurgo plastico è chiamato a confrontarsi con altre discipline in tutti i campi della chirurgia cosiddetta ricostruttiva”. Ad esempio? “Un trauma fratturativo, ad esempio, ha spesso problematiche cutanee o funzionali che il chirurgo plastico insieme all’ortopedico è chiamato a risolvere. Così avviene anche nell’ambito della ricostruzione mammaria, post tumore, nella chirurgia mammaria ricostruttiva post mastectomia, dove il chirurgo oncologo si occupa di quella che è la parte demolitiva e il chirurgo plastico è chiamato a ricostruire quanto è stato tolto per motivi di sopravvivenza della paziente”. Qual è la differenza sostanziale con la chirurgia maxillo facciale? “La chirurgia plastica ricostruttiva e la chirurgia maxillo facciale sono discipline sorelle, nel senso che a livello del volto, del collo e del cranio molte competenze sono affini, anche se la chirurgia maxillo facciale è chiamata molto di più a occuparsi anche della parte ossea, che noi solitamente tralasciamo”. Si può dire che la chirurgia plastica ricostruttiva cura “migliorando”? “È una chirurgia che ha un forte impatto sulla qualità della vita del paziente, non solo sulla quantità. Non è una chirurgia chiamata ad “aggiungere anni” alla vita, ma in un certo senso è chiamata ad “aggiungere vita” agli anni, cioè a rendere più positiva, ad esempio in ambito oncologico, dal punto di vista funzionale ed estetico, un’aspettativa di vita che anche le altre chirurgie contribuiscono a migliorare”. Quali sono le patologie più frequenti? “Le procedure ricostruttive più diffuse sono quelle che coinvolgono la mammella, la cosiddetta chirurgia senologica, sia per problematiche tumorali, sia per problemi funzionali legate all’eccessiva dimensione del seno, quali i problemi alla colonna cervicale e al collo. La mastoplastica riduttiva consente il miglioramento sia di problematiche funzionali e di patologie, sia dell’estetica, e quindi una migliore vita sociale”. Il confine tra chirurgia estetica e ricostruttiva è dunque piuttosto labile? “Sì. I pazienti che hanno avuto un incidente e devono essere ricostruiti per motivi funzionali ci chiedono anche di essere più belli. In questo caso la chirurgia estetica corregge il difetto morfologico, ma anche migliora la funzionalità”. Eseguite interventi di chirurgia puramente estetica? “Il sistema sanitario nazionale, giustamente in un periodo di restrizione, non copre la parte puramente estetica, che quindi non eseguiamo. Avendo la scuola di specialità, è aperto il problema dell’addestramento dei giovani anche nei confronti di questo aspetto della disciplina. Così inviamo gli specializzandi negli ambulatori privati”. La vostra sede è a Gemona. Quali i vantaggi o gli svantaggi? “Il vantaggio è di avere una struttura piccola, ma efficiente che consente di lavorare in ottime condizioni nel 95% delle nostre attività chirurgiche. Una piccola parte di interventi viene fatta a Udine, se ci sono delle problematiche di ordine anestesiologico o di particolare complessità, se esiste la necessità di una terapia intensiva postoperatoria. La nostra attività, inoltre, si svolge in maniera molto importante sia nelle altre cliniche del Policlinico, sia negli ospedali periferici. In ambito assistenziale, i tempi di attesa sono un problema importante. Il carico di lavoro rapportato alla struttura e al personale, ci costringe purtroppo a fare scelte in base alle priorità e all’urgenza”. Siete punto di riferimento per la didattica anche a livello internazionale. “Siamo una delle circa 15 scuole di specializzazione in Italia, e siamo inseriti nel progetto Interreg come sede della formazione dei medici austriaci e carinziani per la chirurgia plastica e la microchirurgia. Inoltre cooperiamo con Paesi del Terzo mondo, attualmente in Costa d’Avorio, Pakistan e Guatemala, come volontari nel campo della chirurgia neonatale, infantile e di correzione degli esiti da ustione. Là svolgiamo anche un servizio di educazione dei medici locali. Al Policlinico arrivano medici stranieri dall’India e dal Pakistan e siamo aperti agli scambi internazionali”. A livello di ricerca, quali sono i campi d’interesse? “Ci occupiamo di microchirurgia ricostruttiva, di chirurgia oncologica e rigenerativa, di tecniche per l’espansione cutanea. Le finalità sono sostanzialmente quelle di trovare nuove fonti di tessuti e ottimizzare le procedure e i tempi delle procedure ricostruttive”.       Colture cellulari staminali del tessuto adiposo   La clinica di Chirurgia plastica ricostruttiva è impegnata nella ricerca sulle colture cellulari staminali del tessuto adiposo. «L’obiettivo – spiega Pier Camillo Parodi, coordinatore dell’attività della clinica – è ottenere e avere a disposizione materiale da utilizzare in tutte le procedure ricostruttive delle parti molli, a livello cutaneo e nei tessuti di riempimento sottocutaneo». In questo modo si potrà ottenere in futuro, a titolo di esempio, una protesi mammaria non più fatta in silicone, «ma – precisa Parodi - con tessuti propri e vitali, che escludono tutti i problemi legati alle infezioni, al rigetto, alla contrizione cicatriziale, aspetti che spesso inficiano i risultati dell’intervento». Gli studi sono attualmente legati a come coltivare in maniera ottimale il tessuto adiposo in laboratorio. «Le applicazioni cliniche – dice Parodi – non saranno immediate. I primi risultati concreti, intesi come avvio della sperimentazione sul paziente, potrebbero esserci, almeno per alcune patologie, nell’arco di un paio d’anni». Altro settore di ricerca è quello dell’espansione cutanea, con l’utilizzo di protesi che vengono inserite sotto la cute e gonfiate con soluzione salina simile all’acqua. In questo modo, distendendo i tessuti nella zona limitrofa alla parte da correggere, si ottiene cute di buona qualità che può essere utilizzata per coprire le cicatrici e i dismorfismi cutanei, senza le conseguenze tipiche degli innesti. Per la microchirurgia, «che esegue – conclude Parodi – interventi sofisticati al microscopio non più sperimentali e con percentuali di successo di quasi il 100%, le ricerche sono indirizzate a trovare nuove fonti di tessuti per ottimizzare le procedure e i tempi delle operazioni».
Silvia Pusiol