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Università e impresa: a Udine cresce il trasferimento tecnologico

L’intensità dell’innovazione dell’Ateneo friulano supera il 40%, si ferma al 13% in Italia. Perché i brevetti creano valore sul mercato.
La collaborazione fra università di impresa? Si può fare di più, ma la strada intrapresa è quella giusta. E soprattutto gli imprenditori ci credono. Una maggiore fiducia da parte del mondo industriale verso la strada della ricerca con l’università è emersa dall’indagine che ogni anno l’associazione tecnica dell’automobile (Ata) su un campione di quasi mille fra imprese, enti di ricerca, università e istituzioni. Una strada che l’università di Udine ha intrapreso con successo: proprio per questo è stata scelta dall’Ata come sede del workshop che annualmente l’associazione decide di realizzare nelle città più innovative. All’ateneo friulano, infatti, l’intensità del trasferimento tecnologico si attesta su percentuali che superano abbondantemente la media nazionale, come emerso dai dati presentati da Cristiana Compagno, docente di Strategia d’impresa dell’ateneo friulano. Nel 2005 l’ateneo friulano, forte di 11 spin off e 37 brevetti, dei quali 16 commercializzati, realizza un trasferimento tecnologico più “intenso” rispetto alle altre università italiane: nel 2005 il rapporto fra i brevetti depositati e quelli commercializzati, infatti, è pari al 43%. In altre parole: i brevetti vengono gestiti non per stare nel curriculum dei professori ma per creare valore sul mercato. La performance è iniziata due anni fa quando è avvenuto il balzo dal 24% del 2002 al 45% del 2003. Un risultato notevole soprattutto se si pensa che dai dati del Cnr emerge che nel 2003 il valore medio del trasferimento tecnologico per le università italiane si aggirava intorno al 13%. Sopra la media nazionale anche la produttività del trasferimento tecnologico, calcolata sulla base del rapporto fra le domande di brevetto e il numero di brevetti commercializzati ogni mille docenti dell’area scientifica: il dato di Udine nel 2004 è pari al 2,4%, mentre quello nazionale è fermo all’1,6%. I risultati concreti di questo processo non si sono fatti attendere: i ricavi cumulati dell’attività brevettale dai 200 mila euro del 2004 si stima che schizzeranno oltre i 500 mila euro nel 2005, con costi che si aggirano intorno ai 300 mila euro: un risultato raggiunto in poco più di 5 anni, visto che prima del 2000 l’attività brevettale all’università di Udine era di scarsa entità. Ma quali sono le imprese più interessate all’acquisizione dei brevetti dell’ateneo friulano? Il 37% è localizzato in regione, il 38% nel resto d'Italia, il rimanente in Europa (Gran Bretagna, Svizzera, Francia). La maggior parte di esse hanno instaurato un rapporto di collaborazione con l’area accademica delle scienze agrarie e degli alimenti e fanno parte del settore dei mobili e dell’arredamento (31%), di quello chimico e agro-alimentare (entrambi per il 19%) e dell’ambito della produzione di strumentazione (13%). Si attestano intorno al 6% le aziende di servizi informatici che collaborano con l’area delle scienze chimiche, dell’ingegneria civile, dell’ambiente e dell’architettura, oltre che delle scienze matematiche e informatiche e le imprese farmaceutiche che lavorano a stretto contatto con le scienze mediche. Per il 60% si tratta di piccole imprese, mentre il restante 40% si divide a metà fra le medie e grandi imprese.