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Identificare i meccanismi biologici fondamentali che portano all’innesco e al mantenimento della crioglobulinemia mista e, in base ai risultati ottenuti, definire strategie terapeutiche innovative che agiscono a vari livelli. È l’obiettivo di una delle ricerche condotte dalla clinica dei Reumatologia del Policlinico universitario di Udine. "Stiamo cercando di capire – dice il direttore della clinica, Salvatore De Vita – il ruolo che hanno, nel controllo della malattia, le terapie che attaccano il virus scatenante la patologia, o le terapie che, invece, ne attaccano gli effetti successivi". Quindici anni fa fu scoperto, per questa malattia autoimmune, il virus che la innesca, ossia il virus dell’epatite C. Il 3% circa della popolazione è affetta da epatite C, e il 5% di esso presenta la crioglobulinemia mista. "Oggi – spiega De Vita – avendo a disposizione farmaci contro il virus scatenante, possiamo approfondire in che misura curando l’agente infettivo siamo in grado di modificare il decorso della malattia". I primi risultati della ricerca dimostrano che è importante colpire l’agente infettivo, ma che questo non è sufficiente "in quanto – precisa De Vita – esistono altri meccanismi per cui una malattia si automantiene. Per questo la ricerca deve essere indirizzata anche su terapie e su target biologici a valle dell’evento primo scatenante". Lo studio della crioglobulinemia fungerà da modello per altre malattie in cui un agente infettivo scatenante è fortemente sospettato ma non ancora noto, e che hanno elementi comuni: ad esempio l’artrite reumatoide. "Questi studi – conclude De Vita – rappresentano un modello importantissimo per le malattie autoimmuni e per le malattie linfoproliferative".