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Mercurio sotto controllo.Nessuna contaminazione per le mamme e i bambini di Grado e Marano

L’istituto di Igiene ed epidemiologia dell’Ateneo ha verificato l’esposizione a mercurio nelle madri e nei neonati residenti nelle lagune del Friuli-Venezia Giulia. I risultati sono rassicuranti, anche se nei soggetti intervistati è stata accertata la correlazione fra il consumo di pesce fresco e la presenza del pericoloso metallo.
Buone notizie per gli abitanti della Bassa friulana e, in particolare, per coloro che risiedono nei comuni lagunari: il mercurio presente nei pesci non ha contaminato le mamme e i bambini della zona. Lo dimostrano i risultati di una ricerca che Fabio Barbone, direttore dell'istituto di Igiene ed epidemiologia dell’Università di Udine, con l’aiuto di Francesca Valent e Federica Pisa, ha condotto per conto della Regione. L’indagine ha voluto verificare i livelli di contaminazione da mercurio analizzando i capelli e il latte di 243 coppie di mamme-bambino residenti in 17 comuni della Bassa friulana, fra i quali anche Grado, Marano Lagunare e Carlino, dove il consumo di pesce dovrebbe essere più elevato. I risultati sono rassicuranti: i livelli di tossicità non sono stati superati in nessun caso, né nelle mamme né nei bambini. Gli abitanti della zona possono tirare un sospiro di sollievo, dunque, anche se l'indagine chiarisce che il livello di mercurio nell’organismo dei soggetti analizzati cresce con l’aumentare del consumo di pesce fresco, in particolare quello predatore e di dimensioni maggiori (anguilla, orata, branzino, coda di rospo e pesce di S. Pietro). La ricerca è una fra le pochissime a livello internazionale che ha verificato non soltanto la presenza di mercurio totale (THg), ma anche di metilmercurio (MeHg), un inquinante ambientale che attacca il sistema nervoso ed è molto pericoloso per il feto in fase di sviluppo, per cui è indispensabile definire i limiti della sua presenza nelle persone, in particolare durante la gravidanza. Il valore medio di THg nei capelli delle mamme è stato di 1,33 ppm in totale (1,52 nella zona 1 - quella che comprende i comuni di Grado, Marano e Carlino - e 1,22 nella zona 2, con gli altri 14 comuni). I livelli di possibile tossicità, pari a 12 ppm di THg, non sono stati superati da nessun soggetto: i valori massimi raggiunti di THg sono stati di 8,03 ppm nei capelli e 10,29 ppb in un campione di latte. I valori di MeHg non hanno superato in nessun caso i 5,20 ppm. In realtà, solo il 2,5% delle donne, consumava più di 2 porzioni (300 grammi) di pesce fresco alla settimana. I livelli di tossicità, quindi, non sono stati superati anche a causa di consumi di pesce inferiori rispetto a quelli che si attendevano i ricercatori. I fattori che hanno determinato la presenza del mercurio nei capelli delle donne sono chiari. Il primo è il consumo in gravidanza di pesce fresco. Una correlazione, quest'ultima, emersa anche nei bambini, ma soltanto in quelli della zona 1. L’aumento dei livelli di mercurio è risultato più evidente per consumi di pesce fresco oltre le 2 porzioni settimanali e per consumi di pesci predatori pari a 2 o più porzioni alla settimana. Il secondo fattore è la residenza del rivenditore abituale di pesce fresco nei comuni di Grado, Carlino e Marano Lagunare: a parità di consumo di pesce il livello di THg nei capelli era aumentato del 30% se il fornitore proveniva da quella zona. Sbagliato, però, evitare di mangiare pesce. “Ogni riduzione di consumo di pesce nei bambini e nelle donne in età fertile - spiega Barbone - corrisponderebbe ad una riduzione dell’assunzione di acidi grassi omega-3 a lunga catena, la cui assunzione ha invece dimostrato benefici effetti per il feto e per la salute della donna”. È sufficiente, quindi, consumare pesce in maniera equilibrata e, soprattutto, scegliere specie non carnivore. Per motivi precauzionali, le donne in gravidanza non dovrebbero mangiare più di 2-3 porzioni alla settimana di pesce fresco e non meno di 3-4 porzioni al mese. Secondo i ricercatori, inoltre, è indispensabile che il livello del mercurio del pescato e ammesso alla vendita sia costantemente monitorato.La seconda fase dell’indagine aveva l’obiettivo di verificare eventuali correlazioni fra l’esposizione a mercurio e lo sviluppo psico-motorio nei bambini di età fra i 18 e i 24 mesi. Anche in questo caso, non ci sono motivi di preoccupazione: dei 53 bambini (25 femmine e 28 maschi) sottoposti alla visita, 12 hanno presentato alcuni segnali di ritardo di sviluppo lieve (1-2 mesi). Il ritardo, però, non era associato all’area di residenza, né ai livelli di mercurio aumentati, né a maggiori consumi di pesce. Infatti, anche se le concentrazioni medie di mercurio sono risultate leggermente superiori nel caso di bambini con ritardo nel test di Denver (che valuta lo sviluppo psico-motorio), le differenze non sono state statisticamente significative ed inoltre le concentrazioni medie di mercurio sono risultate nettamente inferiori alla soglia di attenzione attualmente riconosciuta. Per chiarire ulteriormente eventuali associazioni fra presenza di mercurio e ritardo nello sviluppo, è comunque necessario proseguire i controlli fino al compimento dei 7 anni di età.  
Simonetta di Zanutto